Lo scoop è del Washington Post: indica che l’uccisione da parte dell’amministrazione Trump del generale rientrava in una operazione più ampia. Le misure decise dal presidente colpiranno settori che generano miliardi di dollari all'anno per l’Iran
L’Iran ha reagito all’uccisione di Soleimani voluta dagli Stati Uniti attaccando le basi Usa in Iraq e ora arriva la ritorsione da Washington: nuove sanzioni colpiranno il settore tessile, minerario (acciaio e alluminio in particolare), manifatturiero e delle costruzioni. Ma quello contro il generale non è stato l’unico raid compiuto dagli Usa: nello stesso giorno in cui hanno ucciso Soleimani, le forze americane hanno infatti tentato di uccidere un altro alto dirigente iraniano in Yemen, Abdul Reza Shahlai, finanziatore e tra i leader delle forze d’elite Quds. Ma di questa operazione l’amministrazione Trump non ha parlato, visto che non si è conclusa con la morte di Shahlai. La rivelazione – si legge ancora sul Wp – indica che l’uccisione da parte di Soleimani rientrava in una più ampia operazione e alimenta dubbi sul suo obiettivo. Indebolire la leadership dei Guardiani della Rivoluzione (di cui Quds è un’unità di forze speciali e di intelligence) o semplicemente prevenire imminenti attacchi contro interessi americani come inizialmente dichiarato.
Il raid fallito in Yemen: perché Shahlai è considerato pericoloso dagli Usa – Le operazioni militari americane nello Yemen sono coperte dalla massima segretezza e i funzionari citati dal giornale parlano di un raid – quello diretto contro Shahlai – ancora altamente secretato. L’unico elemento emerso è che il raid non è stato coronato da successo e che funzionari al Pentagono e in Florida hanno seguito entrambi ed avevano discusso della possibilità di annunciarli congiuntamente, se avessero raggiunto il loro obiettivo. “Se lo avessimo ucciso, ce ne saremmo vantati la stessa sera”, ha dichiarato un alto funzionario Usa. Un’altra fonte ha precisato che i due raid sono stati autorizzati più o meno alla stessa ora e che gli Stati Uniti non hanno dato notizia della missione perché non si era conclusa secondo i piani. Shahlai resta un potenziale bersaglio per il futuro, ha aggiunto la fonte, anche se da entrambe le parti è emersa ora la volontà di favorire una de-escalation.
L’amministrazione Trump considera Shahlai un avversario particolarmente potente. Il mese scorso il Dipartimento di Stato ha messo una taglia di 15 milioni di dollari per informazioni utili sul suo conto e ha descritto il bersaglio, di base in Yemen, come avente “una lunga storia di coinvolgimenti in attacchi diretti contro gli Stati Uniti e i nostri alleati, tra cui il complotto nel 2011 contro l’ambasciatore saudita” in un ristorante italiano a Washington. Secondo i funzionari americani, Shahlai, nato intorno al 1957, è coinvolto tra l’altro in attacchi contro le forze americane in Iraq, tra cui il raid del 2007 che portò al sequestro e all’uccisione di cinque militari americani a Karbala da parte di miliziani filoiraniani. Nel corso di una conferenza stampa lo scorso anno, Brian Hook, rappresentante speciale per l’Iran aveva espresso la “grave preoccupazione degli Stati Uniti per la sua presenza in Yemen e il suo potenziale ruolo nella fornitura di armi avanzate del tipo di quelle interdette agli Houthi“. Non è chiaro il motivo che ha portato al fallimento dell’operazione in Yemen, scrive il Washington Post: Pentagono, Dipartimento di Stato e Casa Bianca non hanno voluto rilasciare commenti.
I “bersagli” delle sanzioni – Sono state annunciate dal segretario di Stato Mike Pompeo e del responsabile del Tesoro Steven Mnuchin che ha detto: “Taglieremo miliardi di dollari di appoggio al governo iraniano e continueremo a rafforzare altre entità”. Nel mirino delle nuove misure ci sono anche otto funzionari che, spiega l’amministrazione Usa, “hanno portato avanti le attività destabilizzanti del regime e sono coinvolti nei raid missilistici di martedì” contro le basi americane. L’ordine esecutivo è stato firmato dal presidente Donald Trump, che accusa Teheran di essere “il principale sponsor del terrorismo nel mondo” e per questo Washington vuole impedire al governo iraniano di guadagnare risorse economiche per finanziare “il suo programma nucleare, lo sviluppo di missili, il terrorismo, le reti terroriste per procura e la sua maligna influenza regionale“.
Tra i funzionari colpiti ci sono anche il segretario del Consiglio supremo per la Sicurezza nazionale dell’Iran Ali Shamkhani, il numero due delle Forze Armate Mohammad Reza Ashtiani, il comandante delle milizie Basij Gholamreza Soleimani. Il Tesoro Usa individua 17 produttori di metalli e compagnie minerarie, tre società con sede in Cina e nelle Seychelles e un’imbarcazione impegnata nell’acquisto, nella vendita e nel trasferimento di metalli iraniani. Mnuchin ha inoltre specificato che le nuove sanzioni “resteranno in vigore fino a quando il regime smetterà di finanziare il terrorismo globale e si impegnerà a non avere armi nucleari”, ha aggiunto Mnuchin, precisando che “gli Stati Uniti stanno colpendo alti funzionari iraniani per il loro ruolo e la loro complicità negli attacchi missilistici di martedì”.