Opera radicale e dirompente che narra la storia di una giovane infermiera alle prese con le rovine materiali e spirituali della Leningrado post assedio e che sancisce la conferma dello sguardo straordinario del regista Kantemir Balagov, discepolo di Alexandr Sokurov
Ha vinto molto eppure ancora troppo poco il prodigioso La ragazza d’autunno, opera seconda del giovane Kantemir Balagov, un 28enne dal talento assoluto e non a caso discepolo e pupillo del grande Alexandr Sokurov. Presentato a Cannes in Un Certain Regard – dove si è meritato il riconoscimento alla regia – e presente nella shortlist tra i film “internazionali” ai prossimi Oscar, il film in originale titola Dylda ovvero “spilungona” o “giraffa”, raccontando la storia di una giovane infermiera assai alta alle prese con le rovine materiali e spirituali della Leningrado post assedio. Siamo infatti nel 1945, sopravvivere è ancora la parola chiave di chi è scampato allo strazio bellico, ma il prezzo da pagare è altissimo, da ogni punto di vista lo si osservi. Iya, questo è il nome della “giraffa”, e la sua amica Masha rappresentano due approcci diversi a tale battaglia quotidiana, una lotta all’ultima briciola, una guerra fra miserabili pronti al compromesso più meschino pur di continuare a sperare, e a dare un senso a ciò che è rimasto. Opera radicale e dirompente per come informa i dettagli raramente raccontati di una tragedia maiuscola, sancisce la conferma dello sguardo straordinario di questo cineasta, dopo il suo altrettanto formidabile esordio del 2017 a soli 26 anni – Tesnota– anch’esso selezionato a Un Certain Regard sulla Croisette.
Quasi superfluo sottolineare quanto il film di questo giovane russo implichi una visione attenta ed impegnativa: ma è proprio questo a renderla necessaria e carica di soddisfazione, specie in settimane in cui l’offerta cinematografica risente del disimpegno natalizio. Da cercare nei migliori cinema dal 9 gennaio.