Venti anni fa, quando il dominio dei nerd sugli immaginari collettivi era ancora lontano dal monopolio contemporaneo, un certo tipo di interessi era appannaggio esclusivo di noialtri giovanotti degli anni Ottanta. Cresciuti a pane e Mazinga, non provavamo vergogna nel conoscere a menadito le canzoni dei cartoni animati, nel leggere i manga o nel continuare a giocare con videogame sempre più straordinari.
All’università però eri costretto a darti un tono, e così, malgrado l’interesse per le nuove produzioni, si tendeva a non entusiasmarsi troppo per le proposte destinate al pubblico più giovane. Nerd sì, ma con stile. Fu quindi soprattutto per snobismo generazionale che non diedi troppa importanza al fenomeno che, pur senza squilli di trombe, segnò il passaggio di consegne tra noi primi nerd e i nuovi venuti.
Proprio venti anni fa infatti, andò in onda in Italia la prima serie televisiva dei Pokémon, i simpatici animali da compagnia e combattimento inventati da Satoshi Sajiri, che si erano già imposti nei sogni dei ragazzini grazie ai videogame. In questa serie si racconta la storia di un ragazzo, Ash Ketchum che, il giorno del suo decimo compleanno, si reca dal professor Oak per farsi donare il suo primo Pokémon.
Il mondo di Ash infatti, è popolato da queste bizzarre creature capaci di sviluppare un fortissimo legame col proprio padrone umano, per il quale sono pronte a qualunque cosa, anche a combattere i propri simili per stabilire chi, fra i due allenatori, sia più bravo nell’addestramento. Sfortunatamente, però, Ash arriva in ritardo dal professore, che ha già distribuito i suoi esemplari di elemento acqua, fuoco ed erba. Per non restare a mani vuote, non ha altra scelta se non accettare un Pikachu, iconica mascotte del brand, apparentemente restio non solo a farsi trasportare in una pokeball, il contenitore universale dei pokémon, ma anche a ubbidire agli ordini del suo nuovo padrone.
Quando però Ash viene attaccato da uno stormo di pokémon volanti, Pikachu interviene per difenderlo, dando inizio a un sodalizio destinato a durare fino a oggi. Di serie in serie, il viaggio di Ash lo porta a incontrare tantissimi amici, a catturare e allenare centinaia di pokémon diversissimi e stravaganti, a sorprendersi per le incredibili evoluzioni che li rendono sempre più potenti, e ad affrontare ovviamente molti nemici, tra i quali spicca il famigerato Team Rocket.
Questo trio malvagio e scalcinato, nel rispetto della tradizione nipponica risalente alle Time Bokan, di cui le più famose tra quelle trasmesse in Italia sono Yattaman, Calendar Man e I predatori del tempo, è formato da Jessie, James e dal pokémon parlante Meowth. I tre cercano sempre di rubare i preziosi animaletti agli allenatori, ambendo più di ogni altra cosa a sottrarre Pikachu ad Ash, senza però mai riuscirci.
In ogni serie il ragazzo cattura e fa amicizia con nuove creature, sconfigge tutti gli allenatori più forti dei paesi che visita, debella i cattivi e poi parte per un altro viaggio, alla scoperta di nuove specie. Oggi tutti conoscono i pokémon ma, prima dell’uscita della serie tv, pur forti dell’ottima partnership sviluppata con la Nintendo, c’era ancora incertezza, in quanto le esperienze precedenti avevano sempre dato a simili prodotti una longevità massima di un anno e mezzo, e i pokémon infestavano gli schermi dei gameboy già da alcuni anni.
C’era il rischio, secondo gli addetti ai lavori, che al completamento dell’ultimo episodio il pubblico televisivo si fosse già dimenticato di Pikachu e Ash. I produttori scelsero però di correre il rischio, visto il successo esponenziale di un marchio che sembrava attecchire in tutto il mondo. E fecero bene. Quella dei Pokémon in tv si rivelò infatti una scommessa davvero vincente, capace di mettere in moto un movimento senza eguali nella storia dell’intrattenimento.
Partiti come eroi da videogame, questi personaggi collezionabili spopolarono in tv, generando uno tsunami di merchandising come non si vedeva dai fasti delle Tartarughe Ninja. Ma il vero segreto della loro eterna giovinezza, visto che da due decadi non conoscono praticamente crisi, sta soprattutto nel gioco di carte collezionabile che coinvolge milioni di giocatori nel mondo.
Portatori di sani principi, testimonial di un mondo senza razzismo e inquinamento, perfino meritevoli di lodi da parte della Chiesa – capace di scagliarsi invece contro Harry Potter perché crogiuolo di idolatria pagana -, i Pokémon fanno ormai parte del nostro mondo, in cui si manifestano sotto forma di app, citazioni o meme, e contribuiscono attivamente a migliorarlo grazie al loro messaggio sportivo e inclusivo.
Anche il mio cucciolo d’uomo subisce il loro fascino, ed è stato anche grazie a loro se ha imparato a leggere e contare tanto presto. Inevitabilmente quindi il consiglio, valido da oltre vent’anni, è sempre lo stesso: acchiappali tutti!