L’hanno ribattezzato il lodo Conte ed è l’idea proposta dal presidente del consiglio per mediare tra le forze della sua maggioranza. In pratica consiste in due meccanismi diversi della prescrizione a seconda che gli imputati siano stati condannati o assolti alla fine del processo di primo grado. Nella prima opzione, cioè quando l’imputato è stato condannato, è probabile che continui a valere il principio introdotto dalla riforma entrata in vigore l’1 gennaio: dopo la fine del processo di primo grado la prescrizione si blocca. Nella seconda opzione, invece, si ragiona su uno stop a tempo – prescrizione congelata solo per alcuni mesi – o addirittura per il normale decorso dei termini. Ma un meccanismo del genere non è incostituzionale? È questo l’interrogativo principale che rimane inevaso nel day after dell’ultimo vertice sulla giustizia. Un summit che non si è concluso con la definitiva fumata bianca, ma che ha sicuramente riavvicinato la maggioranza, ricompattata nei toni e nelle dichiarazioni dopo la concessione di Conte agli alleati.

I dubbi d’incostituzionalità sulle differenze tra assolti e condannati – “Non siamo un monocolore, abbiamo ribadito con fermezza ma lealtà che il ministro deve tenere conto delle nostre richieste. Per questo abbiamo apprezzato che il premier, dopo una consultazione con il ministro Bonafede, ci abbia proposto di cominciare a ragionare tra assolti e condannati”, dice al fattoquotidiano.it Walter Verini, responsabile giustizia del Pd. Dem, renziani e Leu da mesi chiedono chiedono ad Alfonso Bonafede di rivedere la legge che blocca la prescrizione per tutti dopo il primo grado di giudizio. Una richiesta che fino a giovedì sera il guardasigilli sembrava non avere intenzione di assecondare. L’ipotesi di una distinzione tra condannati e assolti in primo grado, però, si espone a dubbi d’incostituzionalità. La Carta infatti non fa distinzioni prima della Cassazione: la presunzione di innocenza resta tale fino alla sentenza definitiva. E questo vale sia per l’innocente che per il colpevole: non si possono dunque fare differenze nei gradi precedenti al terzo. È per questo motivo, per esempio, che il 6 febbraio 2007 bocciò la legge Pecorella, varata dal governo Berlusconi, sull’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento. Il principio sancito all’epoca dalla Consulta sarebbe applicabile anche al “lodo Conte” sulla prescrizione che distingue tra condannati assolti? Secondo Piercamillo Davigo è possibile: “Possono esserci dubbi sotto il profilo di precedenti pronunce della Consulta”, ha detto il consigliere del Csm.

Il Pd: “Dubbi? Al momento solo opinioni” – Il Partito democratico, però, non la pensa così. “Dubbi d’incostituzionalità da parte di Davigo? Al momento sono solo opinioni. Va considerato che contro la riforma recentemente entrata in vigore si sono espresse anche personalità del mondo giuridico come Spataro, Flick, Morosini, Cantone. Anche noi abbiamo sollevato dubbi d’incostituzionalità della legge Bonafede, che viola l’articolo 111 della Carta sulla ragionevole durata del processo”, sostiene Verini. I dem, infatti, qualche settimana fa avevano depositato una proposta di legge che cancellava lo stop della prescrizione dopo il primo grado, congelando i tempi per due anni tra il primo grado e l’appello. E distinguendo tra le sentenze di condanna e quelle di assoluzione. “Apprezziamo il passo avanti fatto da Conte, che punta evidentemente a una sintesi sulla prescrizione – continua il responsabile giustizia dei dem- Poi è ovvio che noi non vogliono una legge con profili di incostituzionalità. Stiamo comunque parlando di una norma che va ancora scritta nero su bianco“. Insomma, per il responsabile giustizia del dem bisogna attendere che il guardasigilli e i tecnici di via Arenula traducano in legge lo spunto di mediazione di Conte. Anche i renziani hanno apprezzato l’apertura del premier sulla prescrizione, seppure in modo più freddo rispetto al Pd. “La proposta di Conte di distinguere tra assolti e condannati rischia di essere incostituzionale? Certo c’è questo rischio, noi ci riserviamo di valutare le proposte che arriveranno. Poi è ovvio che preferiamo tornare alla legge Orlando”, dice Lucia Annibali, capogruppo di Italia viva in commissione Giustizia. “Registriamo, però, il fatto positivo che il ministro ha superato questo totem per cui la sua riforma non si poteva modificare”.

Grasso: “Aspettiamo di vedere la legge scritta” – È attendista anche Pietro Grasso, che invece è un sostenitore della riforma della prescrizione di Bonafede così per come è entrata in vigore. “Ho espresso immediatamente le mie perplessità su una soluzione che faccia distinzione tra assolti e condannati, perché per la nostra Costituzione siamo tutti non colpevoli fino al terzo grado di giudizio“, dice l’ex presidente del Senato. Che poi aggiunge: “Mi sono comunque riservato di leggere la traduzione in norma della proposta del presidente Conte prima di dare un parere definitivo, anche considerando che io condivido la norma Bonafede“. L’ex procuratore nazionale Antimafia, però, va oltre segnalando come a questo punto la questione è soprattutto politica: “Spero che il dibattito sulla prescrizione si chiuda al più presto, perché è molto più importante lavorare a riforme sostanziali che riducano drasticamente il numero e la durata dei processi. Le mie proposte sono sul tavolo della maggioranza da mesi, è il momento di discutere nel merito”.

I legislativi di via Arenula possibilisti sulla costituzionalità – Insomma persino a Grasso il lodo Conte potrebbe non dispiacere, soprattutto se fa uscire dall’impasse la maggioranza. Restano i dubbi sull’incostituzionalità. Persino dal ministero della Giustizia, però, filtra ottimismo: dopo che ieri sera Conte ha convinto Bonafede ad aprire sulla modifica della prescrizione i legislativi di via Arenula sono al lavoro per studiare un parere sulla costituzionalità del doppio binario tra assolti e condannati. Non c’è ancora nulla di scritto, ma i tecnici fanno notare come questo tipo di meccanismo potrebbe superare il vaglio di costituzionalità. In che modo? La prescrizione, è il ragionamento, è un istituto che per sua natura modifica la sua durata a seconda del reato contestato all’imputato. E quindi, è sempre l’interpretazione dei legislativi, in questo senso sarebbe applicabile in maniera diversa all’imputato stesso, a seconda della sentenza di primo grado. Non c’è ancora nulla di scritto, ma un parere che mettesse nero su bianco una lettura simile sarebbe fondamentale per superare lo stallo in cui si trova la maggioranza. Anzi si discute già di una integrazione della legge delega del processo penale, che contenga al suo interno anche il cosiddetto “lodo Conte” sulla prescrizione.

Maggioranza compatta: “Riforma in Cdm presto” – Una riforma che Bonafede porterebbe direttamente in consiglio dei ministri già nelle prossime settimane e che è stata promossa dai partiti al vertice di ieri notte. “Prescrizione a parte, il ministro ci ha illustrato tutte le proposte per velocizzare il processo che non si possono non appoggiare. Abbiamo discusso di ampliare il patteggiamento, e di depenalizzare alcuni reati minori, di illeciti disciplinari per i pm che non rispettano i tempi: tutte leggi di buonsenso”, dice Verini, che spinge poi per mettere in agenda la riforma in tempi brevi. “Con la legge delega approvata in Cdm nelle prossime settimane, possiamo ipotizzare di scrivere pagine importanti della giustizia di questo Paese già nei prossimi sei mesi, un anno”. Più cauti i renziani, con Annibali che si aspetta un “nuovo vertice prima di un Cdm”. A parte i tempi, per, l’impressione è che dopo la mediazione di Conte sia tornato il sereno in maggioranza sul fronte giustizia. D’altra parte lo stesso Bonafede ha tutto l’interesse a portare a casa la riforma del processo penale, dopo quella del civile e una legge delle intercettazioni che cancella qualsiasi ipotesi di bavaglio. Anche a costo di rivedere leggermente la sua legge sulla prescrizione.

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