La Lazio è la squadra che interpreta già alla perfezione ciò che vorrebbe essere il Napoli: il gioco proposto da Inzaghi ha meccanismi ben oliati e si fonda sull'intesa totale che esiste tra Luis Alberto e compagni. Il Napoli, bello e a tratti superiore, lascia per strada punti ancora a causa di svarioni
La Lazio vince ancora, per la decima volta consecutiva, ma all’Olimpico il Napoli non smette i panni della Befana continuando a regalare gol e vittorie agli avversari. Erano stati Di Lorenzo, Manolas e Meret a regalare tre gol all’Inter la scorsa settimana, questa volta è Ospina che consegna il pallone a Immobile, fallendo un tentativo di dribbling e lasciandogli la porta sguarnita per il gol partita all’82esimo.
La Lazio è la squadra che interpreta già alla perfezione ciò che vorrebbe essere il Napoli: il gioco proposto da Inzaghi ha meccanismi ben oliati e si fonda sull’intesa totale che esiste tra Luis Alberto e compagni. Ciò al netto del momento di flessione dei biancocelesti che venivano da nove vittorie consecutive, ma già col Brescia erano andati in forte difficoltà e col Napoli hanno rischiato anche di perdere. Sono stanchi alcuni degli elementi chiave di Simone Inzaghi: su tutti Milinkovic Savic, appannato rispetto al calciatore portentoso delle ultime uscite.
Benissimo la difesa: Acerbi è un muro e non fa rimpiangere big come De Vrij, accompagnato da Luiz Felipe e dal solito Radu, con Berisha che contribuisce con grandi interventi. I biancocelesti sono un bel segnale a tutta la serie A: non servono budget milionari per fare grandissime squadre. Magari la squadra di Inzaghi, meno attrezzata di Juve e Inter, non vincerà il campionato, ma la stagione che sta disputando, la Supercoppa già vinta e la Coppa Italia dello scorso anno sono medaglie sul petto per Lotito e soprattutto per Tare, ds da top club.
La prestazione dei ragazzi di Gattuso, d’altra parte, non era stata affatto male, facendosi preferire per lunghi tratti alla Lazio che conferma di potersi giocare il campionato con Juventus e Inter. Torna almeno una parvenza di gioco tra gli azzurri. D’altronde la volontà dei partenopei è evidente: una restaurazione del modello sarrista. Pochi tocchi, gioco in velocità e meno libertà al singolo, mantra ancelottiano che paradossalmente è diventata la gabbia in cui si è andato a chiudere il Napoli.
Volontà emersa sia dalle mosse di mercato della società, che mette idee e geometrie a centrocampo con Demme (ufficiale) e Lobotka (in arrivo), che dalle parole di Gattuso che in conferenza ha elogiato il Napoli di due stagioni fa definendolo “una macchina perfetta”. E infatti tornano a esprimersi su buoni livelli anche giocatori fin qui quasi disastrosi: Manolas aveva fermato il capocannoniere Immobile prima del regalone di Ospina, Allan è tornato ai suoi livelli, arando il campo in lungo e in largo e mordendo gli avversari, e anche Insigne, giovando del ritorno sull’esterno e non dovendo più fare da unico e solo terminale della manovra del Napoli. Il napoletano è anche andato vicino al gol in tre occasioni.
Per il Napoli appare ormai impossibile agganciare il treno Champions: le troppe sconfitte e un bottino di punti che è quello del ritorno in A con Reja parlano di una stagione di transizione. Certo, c’è ancora il Barcellona agli ottavi di Champions e i segnali che arrivano dalla squadra, al netto delle papere, non sono così negativi. Ma è evidente la fine di un ciclo, lo ha capito anche la società che si sta già muovendo per il futuro e per un modello simile a quello sarrista, rimasto nel cuore dei tifosi: non sarà facile, però.