“Dichiarazione finale congiunta dei partecipanti ai dialoghi di pace interni alla Libia”. S’intitola così il documento di pace preparato nel corso del vertice di Mosca a cui hanno partecipato Fayez al-Sarraj, il premier del Governo di Accordo Nazionale (Gna) sostenuto dalle Nazioni Unite a Tripoli, e il generale Khalifa Haftar. Il risultato finale rimarrà in bilico fino alla mattina del 14 gennaio, termine ultimo che si è preso l’uomo forte della Cirenaica per decidere sull’eventuale firma dell’accordo. Sarraj ha invece già firmato.
Dopo varie indiscrezioni, il documento per intero – ancora in una bozza con diverse cancellature – è stato pubblicato, via Twitter, dal giornale online The Libya Observer. È suddiviso in sette punti ed è il frutto della mediazione turca e russa. Se fino a prima della nuova avanzata dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), fedele ad Haftar, Francia e Italia hanno avuto un ruolo nel cercare di costruire una cornice di trattativa tra il generale e Sarraj, oggi le diplomazie europee sono state scalzate da Recep Tayyip Erdogan, come garante del Gna, e da Vladimir Putin, come garante di Bengasi.
Draft Tripoli ceasefire agreement leaked pic.twitter.com/1TlXnixGAc
— The Libya Observer (@Lyobserver) January 13, 2020
Prima dei punti dell’accordo, il documento specifica che gli obiettivi della trattative sono mantenere confini e sovranità dell’attuale Libia, evitare la soluzione militare per risolvere la questioni interne al Paese e soprattutto rilanciare l’impegno dei belligeranti nel combattere il traffico di esseri umani (scritto in grassetto) e il terrorismo internazionale.
Nei primi tre punti, il documento prevede la dichiarazione di un cessate-il-fuoco dalla mezzanotte del 12 gennaio, il ripristino di una situazione normale per i civili di Tripoli e l’ingresso in città dei convogli umanitari. Il documento s’impegna a ristabilire delle condizioni di vita normali per i civili della capitale, una delle città dove le conseguenze dell’offensiva di Haftar sono state più drammatiche. A conferma della distensione, il 12 gennaio, giorno previsto per l’inizio della tregua, Nasser Ammar, capo della Special Military Operations Room Support Force – Tripoli (Sft), gruppo armato a sostegno di Fayez al-Sarraj, ha dichiarato all’agenzia turca Anadolou che stavano smobilitando i mercenari russi del gruppo Wagner, impegnati in prima linea a Tripoli al fianco di Bengasi, proprio a seguito dei negoziati. Stima la presenza di almeno 500 persone, insieme ad altri mille Janjaweed, controverso gruppo armato più volte usato dall’ex presidente Omar al-Bashir per reprimere le proteste in Sudan (sempre pro-Haftar). Da un lato sembrano esserci le condizioni per allentare la tensione, dall’altro fa da controcanto l’annuncio della Camera dei deputati di Tobruk di chiedere un intervento armato egiziano a sostegno di Haftar.
Il quarto punto, ancora in rosso nella bozza, è uno di quelli su cui la trattativa è più serrata. “Designare i membri della Commissione militare (5+5) così come previsto dal piano di azione dell’Unsmil (la missione Onu in Libia, ndr) allo scopo di: stabilire la linea di confine tra gli schieramenti; monitorare l’andamento del cessate-il-fuoco; assicurare la stabilità del cessate-il-fuoco”. È un punto difficile perché è quello decisivo per capire quanto la tregua può durare.
Il formato delle trattative finora condotte dalle parti è stato più snello, con solo Russia e Turchia coinvolte (il formato “2+2”, cifra che indica le parti attive nelle trattative per ogni fronte), mentre invece in questo caso verrebbe richiamato in causa Ghassan Salamè, rappresentante Onu in Libia, che inevitabilmente è una parte in causa, visto il suo supporto per Sarraj. È uno dei motivi per i quali Haftar ha preso tempo.
Il quinto, sesto e settimo punto prevedono la costituzione di gruppi di lavoro misti per operare sulla tenuta degli accordi di pace in riunioni da fare in un luogo che ancora non è stato previsto dalla bozza. In un primo tempo era stata indicata Mosca, nome in seguito cancellato dalla bozza.