Se cinque anni prima, il 5 giugno era stato il giorno della consacrazione di Marco Pantani, con l’attacco sul Mortirolo e la vittoria all’Aprica. Nel 1999 il 5 giugno rappresenta una delle date più controverse della storia del ciclismo. È la mattina della penultima tappa di un Giro d’Italia ormai nelle mani di Pantani. Il ds della Mercatone Uno Beppe Martinelli bussa alla porta del Pirata alle 7.25. Controllo antidoping a sorpresa. Dal prelievo viene fuori un valore di ematocrito di 52. Il valore limite per gareggiare è di 50. Pantani è fuori dalla corsa. Il suo sangue è troppo denso. Giunto a Imola nel pomeriggio del 5 giugno, il Pirata si sottopone immediatamente a un prelievo presso un laboratorio privato accreditato dall’UCI (Unione ciclistica internazionale). I suoi valori sono perfettamente normali.

“Sono amareggiato, mi dispiace soprattutto per i tifosi. Si potrebbero dire tante cose, ma sarebbero soltanto parole in più. Se succedono cose del genere a me, che sono uno sportivo che ha dato tanto al ciclismo, c’è da riflettere. Ero già stato controllato due volte, avevo già la maglia rosa e il mio ematocrito era del 46 per cento. Ora invece mi sveglio con questa sorpresa: c’è qualcosa di strano”, dirà Pantani all’uscita dell’hotel Touring. La Mercatone Uno si ritira dal Giro. L’Uci non lo squalifica ma lo sospende per quindici giorni. Abbastanza per perdere il Giro d’Italia e per spingerlo in una spirale depressiva da cui non si riprenderà più. Un episodio che Pantani vivrà sempre come un’ingiustizia.

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