Stanza D5. Residence Le Rose. Rimini. È lì che da qualche giorno si è rifugiato Marco Pantani. Lontano da quel mondo che lo ha isolato e lo ha fatto sentire più colpevole. È lì che la sera del 14 febbraio 2004 il suo corpo viene trovato senza vita. Pantani ha appena 34 anni. Nella stanzetta tutta in disordine, sottosopra, ci sono anche scatole di farmaci disseminate qua e là. Secondo l’autopsia le cause della morte sono dovute a un’edema polmonare e celebrare, dovuto ad un’overdose di cocaina e, secondo una perizia eseguita successivamente, da psicofarmaci.

La discesa iniziata il 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio ha trovato il suo epilogo. Da quella data di cinque anni prima le apparizioni in gara del Pirata si fanno sempre più sporadiche. Così come le vittorie. Gli ultimi scatti d’orgoglio Pantani li regala al Tour de France del 2000, quando ottiene due vittorie sull’americano Lance Armstrong. La prima nella tappa del Mont Ventoux, la seconda in quella di Courchevel. Di vittorie non ne arriveranno più. Anche gli scatti in salita scemano progressivamente dietro a uno stato depressivo sempre più profondo. L’ultimo acuto degno di nota arriva sulla salita verso la Cascata del Toce, al Giro del 2003. Un piccolo assaggio e niente di più. Pantani viene subito ripreso dal gruppo. Dopo quell’edizione della corsa rosa il romagnolo non prende più parte a nessuna competizione a tappe, rinunciando sia al Tour de France che alla Vuelta.

“Se n’è andato”, titola la Gazzetta dello Sport la mattina del 15 febbraio 2004. La morte di Pantani lascia un vuoto nel mondo delle due ruote e non solo, per la perdita di uno dei ciclisti più amati del dopoguerra. Una dimostrazione di affetto pervade le strade di Cesenatico il giorno dei funerali. In migliaia accorrono nella cittadina romagnola per rendere omaggio al Pirata.

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