Per viaggiare in auto da Milano a Madrid bisogna macinare più di 1.500 chilometri. Fino al confine di Stato, a Ventimiglia, si percorrono circa 272 km di autostrade italiane, sborsando un pedaggio che sfiora 11 euro ogni 100 chilometri. Da qui alla capitale spagnola, i chilometri di autostrada sono ancora molti, 1.177, ma il pedaggio costa meno di 6 euro ogni 100 chilometri. In tutto, l’automobilista sborsa 29 euro e 30 cent nel tratto italiano; 68,20 in quello franco-spagnolo, di soli pedaggi.
Per andare da Milano a Parigi, il Traforo del Monte Bianco offre un’alternativa abbastanza rapida. L’automobilista spenderà 36 euro e 30 cent di pedaggio fino al Traforo, 47 euro e 10 cent per attraversare il tunnel, 52 euro e 60 cent dall’uscita del Traforo a Parigi. Suddividendo salomonicamente il costo del tunnel in parti uguali tra le due nazioni, il pedaggio costa 14 euro e mezzo ogni 100 chilometri in Italia, poco più di 8 in Francia.
Sono dati tratti da un noto sito web di supporto ai viaggiatori e non escludo che queste valutazioni, tagliate con l’accetta, potrebbero essere molto imprecise. Dubito però che le eventuali, necessarie, indispensabili correzioni – assieme alle doverose precisazioni che i lettori vorranno offrire – potranno modificare l’aritmetica potenza di questi numeri.
Al cittadino poco importa se l’esattore è lo Stato o sia invece un concessionario privato. Al cittadino curioso piacerebbe però sapere le ragioni di questo divario, tenendo conto che l’ammortamento legato alla costruzione delle autostrade italiane, realizzate in largo anticipo rispetto a quelle francesi e spagnole, dovrebbe essere concluso da tempo o, almeno, da più tempo di quelle di oltralpe.
In pratica, il costo vivo dovrebbe coprire soltanto l’esazione, l’esercizio e la manutenzione ordinaria e straordinaria, vista l’estensione affatto marginale delle nuove realizzazione negli ultimi vent’anni. Nel dibattito politico sulla spinosa questione delle concessioni autostradali, però, nessuno degli attori ha finora spiegato in modo semplice e chiaro perché il pedaggio in Italia costi quasi il doppio che in Francia, dove le tratte autostradali a norma secondo gli standard dell’Unione europea sono la norma, da noi l’eccezione, almeno in Liguria. E scusatemi il bisticcio.
Percorrere l’autostrada dei Giovi da Serravalle a Genova – lungo la camionale inaugurata nell’ottobre del 1935 dal Re Vittorio Emanuele III, a meno di tre anni dalla posa della prima pietra – è un romantico viaggio nel passato. Il tracciato è praticamente inalterato, giacché il raddoppio concluso nel 1965 riguarda la carreggiata verso nord. Qualche economista dilettante reputa quindi che l’ammortamento sia terminato o, perlomeno, sia ormai trascurabile, anche se talune accise d’epoca fascista – che sono tuttora incassate dallo Stato – potrebbero far pensare il contrario.
La novità più saliente – rispetto a quando queste curve venivano percorse nei due sensi dalle leggiadre Fiat 508 Balilla e dai massicci OM Titano – sono le diffuse, numerose, imponenti barriere antirumore. Un attento osservatore potrebbe anche chiedersi se sia ragionevole investire quattrini nella salvaguardia acustica di edifici costruiti tempo dopo, anche molto tempo dopo l’entrata in esercizio di quella infrastruttura. E che sono la grande maggioranza.
Qui, come in tutta la Liguria, il disprezzo per qualunque ratio urbanistica ha consentito di edificare in perfetta aderenza alle autostrade – perfino sotto i viadotti e a picco sopra le gallerie – senza che il libero mercato immobiliare abbia svolto un ruolo di indirizzo o, almeno, suggerito qualche saggio “consiglio per gli acquisti”.
Un osservatore ancora più attento potrebbe accorgersi di quanto salato sia il pedaggio. Per sperimentare un’avventura vintage, come condurre la propria utilitaria lungo i 49 chilometri tra Serravalle e Genova Ovest, sono richiesti 4 euro e 30 cent, con uno standard di quasi 9 euro per 100 chilometri.
Un tentativo di compiacere il Movimento Estremista Ligure “Basta Milanesi”? Non credo. Un amico milanese, grande appassionato di motori, mi ha confessato che girare con la propria auto sulla pista dell’autodromo di Monza costa ben di più, circa 50 euro ogni 30 minuti, se non ricordo male. E non offre la stessa emozione di una inebriante discesa dai Giovi verso la Superba lungo le sensuali sinuosità della A7.
In fondo, le autostrade sono un archetipo della società, come scriveva Charles Bukowski: “L’autostrada ti ricorda sempre un po’ com’è la gente. È una società competitiva. Vogliono che tu perda così possono vincere loro. Una faccenda innata che in autostrada viene fuori. Quelli che vanno piano vogliono bloccarti, quelli che vanno forte vogliono superarti”.
Care autostrade, in Italia costate comunque care; sia a chi supera, sia a chi si fa superare, sia a chi si lascia superare, più o meno a malincuore.