“Chi pensa che io mi stanchi del Movimento ha sbagliato. Sono stanco che qualcuno che sta nelle retrovie venga al fronte per darmi una pugnalata”. Luigi Di Maio, intervistato da Carta Bianca su Rai3 ha ribadito che non intende lasciare la guida politica dei 5 stelle. Ma non ha nascosto fastidi per le cosiddette “voci di dissenso” all’interno. “Io sono stato eletto capo politico nel 2017”, ha continuato, “siamo andati al governo e adesso stiamo realizzando il programma elettorale. Credo che agli italiani interessi l’approvazione delle leggi: ne abbiamo approvate 40 e ne dobbiamo approvare tante altre”.
“È normale che in un Movimento che ha eletto 330 parlamentari ci sia chi esprima dissenso”, ha detto. Ma se è vero questo, chi non è d’accordo, “ha tutto il diritto di andarsene”. Ma “dimettendosi e non andando al Gruppo Misto”. Legittimo dunque dire no. Ma altrettanto legittimo accompagnare alla porta, senza nemmeno troppi complimenti, chi ‘devia’ dalla rotta segnata. Quindi Di Maio ha citato il caso dell’ex ministro dell’Istruzione Fioramonti, “il primo di dimissioni non volute presentate dallo stesso!”. Il riferimento è alle frasi del politico che ieri, in un’intervista, avrebbe detto di aver presentato le dimissioni “senza pensare che sarebbero state accettate”.
Quindi il ministro degli Esteri è tornato ad attaccare i media. “Negli ultimi giorni continuiamo a leggere le solite false ricostruzioni giornalistiche secondo cui ci sarebbe una distanza tra Davide Casaleggio e il capo politico M5s”, era stata laIl nota di smentita dello staff di Di Maio in mattinata contro “ricostruzioni che hanno il chiaro intento di screditare il Movimento 5 Stelle” e che nascondono la “solita verità: la volontà di spaccare il Movimento”. In serata ha ribadito: “Secondo me è legittimo che all’interno del Movimento ci sia chi dissente. Il vero grande tema è la portata di queste notizie“, e cioè se è vero che “l’intero movimento sia contro la mia linea”. Una linea che, secondo i malpancisti, non sarebbe stata concordata nel momento del ‘matrimonio’ con i dem. Una scelta obbligata, invece, per Di Maio che pur ricordando il suo scetticismo iniziale invita a guardare ai fatti di oggi – a quanto “portato a casa” – “e finché il Pd terrà fede ai patti andrà bene così”.