I tre Paesi firmatari dell'accordo Jcpoa mettono in discussione il rispetto del Nuclear Deal da parte della Repubblica Islamica e avviano il meccanismo di risoluzione delle dispute per contestare le violazioni annunciate dal governo di Hassan Rohani
Gran Bretagna, Francia e Germania, tre Paesi firmatari dell’accordo sul nucleare tra Iran e 5+1 (Jcpoa), mettono in discussione il rispetto del Nuclear Deal da parte di Teheran e avviano il meccanismo di risoluzione delle dispute per contestare le violazioni annunciate dalla Repubblica Islamica dopo la nuova escalation seguita all’uccisione del generale delle Forze Quds iraniane, Qassem Soleimani, e l’introduzione di nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti.
“Oggi non abbiamo avuto altra scelta, viste le azioni dell’Iran, che registrare le nostre preoccupazioni” rispetto al fatto che Teheran “non rispetta gli impegni previsti dall’accordo sul nucleare, e rinviare la questione al Comitato congiunto nel quadro del Meccanismo di risoluzione delle dispute”, si legge nella nota congiunta dei tre governi. Parigi, Berlino e Londra hanno poi voluto ribadire che la loro intenzione è quella di salvaguardare l’accordo, anche dopo il ritiro americano voluto da Donald Trump: “Restiamo convinti che questo importante accordo multilaterale ed i benefici di non proliferazione rafforzino i nostri interessi di sicurezza e l’ordine internazionale basato sulle regole”, aggiungono esprimendo “gratitudine” a Russia e Cina, “con le quali restiamo in stretto contatto, per essersi unite a noi nello sforzo comune per salvaguardare l’accordo”.
Nonostante le richieste del presidente americano di stracciare l’accordo per negoziarne “uno migliore”, l’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Unione europea, Josep Borrell, ha voluto ribadire che questo “rappresenta un risultato significativo della diplomazia multilaterale sostenuta dopo anni di negoziati. Alla luce delle pericolose escalation in corso in Medio Oriente, preservare l’accordo è ora più importante che mai”.
Il nuovo mister Pesc spagnolo ha poi aggiunto che, dopo aver ricevuto la lettera firmata dai ministri degli Esteri dei tre Paesi europei, supervisionerà in prima persona “il processo del meccanismo di risoluzione delle controversie. L’obiettivo è risolvere le questioni relative all’attuazione dell’accordo nel quadro della commissione mista. A questo proposito prendo atto dell’intenzione dei ministri degli Esteri di preservare l’accordo nella speranza sincera di trovare una via per risolvere l’impasse attraverso un dialogo diplomatico costruttivo”.
Da Londra, il capo della diplomazia Dominic Raab ha chiarito le posizioni del governo di Boris Johnson dicendo che quella dei tre Paesi è una contestazione “in buona fede”, ma è anche “un test sulla buona volontà di Teheran”, ribadendo l’impegno a preservare l’accordo tra Iran e 5+1, nonostante il premier inglese si sia detto disponibile a una nuova discussione che soddisfi le esigenze del presidente americano. Raab ha tuttavia sottolineato che “tocca all’Iran salvare l’intesa, tornando a rispettare gli obblighi assunti”: “Il regime può fare passi per allentare le tensioni e aderire alle regole base del diritto internazionale o affondare sempre più nell’isolamento”.
Spiegazioni simili a quelle date anche dal suo omologo tedesco, Heiko Maas, che su Twitter ha scritto: “Il nostro scopo è chiaro. Vogliamo conservare l’accordo e arrivare a una soluzione diplomatica all’interno dell’intesa. Chiediamo all’Iran di prendere parte in modo costruttivo al processo negoziale”. Il ministro ha poi aggiunto che “le violazioni dell’Iran all’accordo sul nucleare non possono rimanere senza risposta, abbiamo quindi deciso di attivare il meccanismo di risoluzione delle controversie previsto dall’accordo”.
Ma da Teheran la risposta è tutt’altro che rassicurante: “Certamente, se gli europei intendono abusare” di questo meccanismo, “devono anche essere pronti ad accettarne le conseguenze, che sono state già notificate”, ha dichiarato in una nota il ministero degli Esteri, Javad Zarif.
Mosca, nonostante i ringraziamenti ricevuti dai tre ministri degli Esteri, condanna la loro decisione affermando che una mossa del genere rischia di provocare “una nuova escalation”.