Le sigle sollecitano "il Governo, il Miur ad affrontare complessivamente la vertenza. Un impegno che deve essere assunto subito perché le imprese hanno già attivato le procedure di licenziamento collettivo per tutto il personale presente attualmente negli appalti"
Gennaio caldo per i lavoratori degli appalti di pulizia della scuola: più di 5mila dei 16.019 occupati nelle cooperative rischiano il posto di lavoro. Numeri che preoccupano i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti, che hanno annunciato per il 21 gennaio una giornata di mobilitazione e uno sciopero generale nazionale con manifestazione e presidio a Roma in piazza Montecitorio dalle ore 9:30.
Si avvicina l’avvio del processo di internalizzazione dei servizi di pulizia, ausiliariato e decoro degli istituti scolastici statali, previsto dal 1° marzo 2020 con la prosecuzione del servizio fino al mese di febbraio 2020 garantito dalle risorse stanziate con il Decreto Scuola (28 milioni per i servizi di pulizie, 16 milioni al mese per il progetto Scuole Belle). Mercoledì è scaduto il termine per la presentazione delle domande on-line per la procedura selettiva prevista dal bando conseguente al Decreto che – precisano i sindacati di categoria in un volantino unitario – pur recependo “alcune modifiche, a partire dalle modalità e dai criteri necessari per l’internalizzazione e dall’introduzione di una seconda fase che recupera posti disponibili e abbassa i requisiti richiesti, non è sufficiente” perché, stigmatizzano, “molte lavoratrici e lavoratori rischiano comunque di non vedere alternative al licenziamento e troppi vedranno proporsi assunzioni part-time peggiorando il proprio reddito”.
Sono proprio i numeri delle previste assunzioni dirette previste dal Decreto – 11.236 a fronte dei 16.019 attualmente occupati – a destare molta preoccupazione tra i sindacati. Parliamo degli ex lavoratori socialmente utili (Lsu), disoccupati, cassaintegrati o impiegati degli appalti storici che a fine anni ‘90 il governo Prodi aveva pianificato di stabilizzare negli enti locali per la pulizia delle scuole, salvo poi dirottarli nelle cooperative quando si decise di privatizzare il servizio. Da allora una quota dell’organico Ata è stata “accantonata” per dare un impiego a queste persone, in quelle scuole (circa 4mila) che per la pulizia non si servono di personale interno. Sono circa 16mila in tutta Italia, oltre il 50% al Sud, con una forte concentrazione in Campania. L’esternalizzazione ha funzionato, soprattutto perché lo Stato ci ha messo centinaia di milioni ogni anno, quelli delle gare Consip. E quando non bastava, rabboccava con altri finanziamenti. La multa dell’Antitrust nel 2016 ha però mostrato tutte le storture del sistema. E l’anno scorso il governo gialloverde, su spinta del M5S, ha deciso di fare quello di cui si discuteva da anni: togliere il servizio alle cooperative e più o meno con gli stessi soldi assumere i lavoratori.
Le tre federazioni di categoria – Cgil, Cisl e Uil – puntano il dito contro “il Miur e il Governo” che “non hanno avuto abbastanza coraggio per fare tutte le modifiche richieste dalle organizzazioni sindacali, utilizzando altresì tutte le risorse necessarie per dare continuità di occupazione e di reddito alla totalità dei 16mila lavoratrici e lavoratori impiegati oggi negli appalti scuole statali”. Il tempo ora è quasi scaduto: le organizzazioni sindacali rivendicano “ulteriori interventi” e chiedono di individuare nei due mesi che precedono il processo di internalizzazione, “soluzioni, risorse economiche e percorsi di sostegno, formazione e ricollocazione che non lascino fuori nessuno”.
Le tre sigle sollecitano “il Governo, il Miur e gli altri ministeri coinvolti a convocare Cgil, Cisl e Uil per affrontare complessivamente la vertenza” che rischia di trasformarsi in un vero dramma sociale per migliaia di lavoratrici e lavoratori e per le loro famiglie. “Un impegno – affondano nella nota congiunta – che deve essere assunto subito perché le imprese hanno già attivato le procedure di licenziamento collettivo per tutto il personale presente attualmente negli appalti” e che “dopo l’incontro al Ministero del Lavoro del 9 gennaio rischiano di diventare effettivi”.