Gli Xenobot non sono una fazione dei Transformer, non sono cioè dei robot né una specie animale sconosciuta come i temibili xenomorfi della saga di Alien. Sono invece una nuova classe di artefatti, “macchine” basate sull’impiego di cellule di rana. Sono quindi organismi viventi, ma sono anche perfettamente programmabili come fossero robot. Li hanno messi a punto alcuni scienziati dell’Università del Vermont, negli Stati Uniti e sono capaci di rigenerarsi se tagliati a metà, muoversi verso un obiettivo e trasportare anche piccoli carichi, ad esempio medicine. In futuro dunque potrebbero essere utilizzati in ambito medico, inoculati nel nostro corpo per trasportare medicinali verso organi o gruppi di cellule specifici, così da curarci con grandissima precisione ed efficacia.
Le nuove creature sono state progettate su un super computer dell’Università e poi assemblate e testate dai biologi della Tufts University. “Possiamo immaginare molte applicazioni utili di questi robot viventi che altre macchine non potrebbero eseguire. Ad esempio potrebbero cercare composti nocivi, radioattivi o contaminanti, raccogliere microplastiche negli oceani o ancora viaggiare nelle arterie per raschiare le placche”, ha spiegato a Science Daily Michael Levin, direttore del Centro per la biologia rigenerativa e dello sviluppo presso la Tufts.
La manipolazione degli organismi a vantaggio degli esseri umani non è certamente una novità, ma una pratica che avviene dalla notte dei tempi, ad esempio selezionando le diverse tipologie di grani o alberi da frutta e incrociandoli tra loro per rafforzarne alcune caratteristiche, inoltre in tempi molto più recenti sta prendendo sempre più piede l’editing genetico. Tuttavia, come spiegano i ricercatori, questa è la prima volta che l’uomo progetta macchine completamente biologiche da zero.
In pratica gli scienziati hanno elaborato tramite il super computer Deep Green migliaia di potenziali nuove forme di vita utilizzando complessi algoritmi evolutivi, nel tentativo di raggiungere un determinato scopo, come la capacità di muoversi in una direzione. Dopo diverse selezioni e prove i più promettenti sono stati migliorati ulteriormente, fino ad arrivare a questa soluzione, poi assemblata tramite microchirurgia. Il risultato è stato impressionante perché una nuova creatura organica ha letteralmente preso vita sotto gli occhi degli scienziati, con le cellule che si organizzavano secondo le previsioni e i progetti in forme biologiche mai viste prima in natura.
Il potenziale di ciò che si sta apprendendo riguardo a come le cellule comunicano e si connettono si estende, secondo Levin e Bongard, in profondità sia nella scienza computazionale che nella nostra comprensione della vita. “La grande questione della biologia è capire gli algoritmi che determinano la forma e la funzione”, ha infatti affermato Levin. “Il genoma codifica le proteine, ma dobbiamo ancora capire come quell'”hardware” consenta alle cellule di cooperare per creare anatomie funzionali in condizioni molto diverse”.
Si tratta di argomenti che suscitano perplessità, stupore e perfino inquietudine in molte persone, preoccupate dalle implicazioni di uno sviluppo tecnologico così rapido e delle potenziali conseguenze di manipolazioni biologiche così complesse. Sull’argomento del resto Levin non si nasconde dietro a un dito. “Questa paura non è irragionevole. Quando si comincia a fare confusione con sistemi complessi che non comprendiamo, è possibile ottenere conseguenze indesiderate”. Tuttavia, ha aggiunto Levin, “se l’umanità vuole sopravvivere nel futuro, dobbiamo capire meglio quanto le proprietà complesse, in qualche modo, emergano da semplici regole”.
”Penso che sia una necessità assoluta per la società andare avanti per ottenere una migliore gestione dei sistemi in cui il risultato è molto complesso”, ha detto ancora lo scienziato. “Un primo passo verso questo è quello di esplorare”. ”C’è una grande creatività innata nella vita. Vogliamo comprenderla più profondamente e capire come dirigerla e spingerla verso nuove forme”, ha concluso Bongard.