L’inizio di questo 2020 ci ha portato un’importante innovazione che riguarda la tutela della nostra Costituzione. La nuova presidente della Corte Costituzionale – la prima donna nella storia d’Italia a ricoprire tale ruolo – ha introdotto alcune modifiche nel regolamento della Consulta che segnano in qualche modo una rivoluzione nei procedimenti dell’organismo deputato a proteggere il dettato costituzionale.
La giudice Marta Cartabia ha infatti aperto il Palazzo della Consulta all’ascolto di soggetti esterni, a organizzazioni della società civile, soggetti istituzionali, associazioni di categoria che potranno utilizzare lo strumento dell’amicus curiae. Si tratta di documenti e memorie presentate da coloro che si fanno portatori di interessi collettivi. Sono ‘amici della Corte’, in quanto contengono informazioni utili al fine di aiutare i magistrati nella decisione.
Nel diritto romano, da cui tale istituto giuridico è stato mutuato, l’amicus curiae consentiva al giudice di ottenere un sostegno obiettivo ed equo da qualcuno che non era direttamente coinvolto nel procedimento. Oggi il suo senso è quello di consentire a chi sia parte di un interesse generale di influire nella decisione pur quando non è diretta parte in causa e non avrà dirette imposizioni dalla sentenza in questione. Non più disinteressato, dunque, bensì portatore di un interesse che in passato si è molte volte prestato a essere del rango più alto e valoriale.
Molte le Corti che infatti accettano amici curie da ben prima dei nostri giudici costituzionali e molti i casi in cui tale strumento è stato utilizzato per affermare diritti fondamentali della persona. Già nel lontano 2001 la stessa Unione europea sceglieva questa strada per intervenire davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America e ribadire, nel caso Ernest Paul Mc Carver v. State of North Carolina, la propria opposizione alla pena di morte per persone con problemi psichiatrici. E il Tribunale speciale per il Ruanda vedeva nell’amicus curiae il solo strumento attraverso il quale la voce delle vittime del genocidio poteva davvero farsi sentire, là dove l’accusa era spesso portatrice di interessi e punti di vista diversi. E, nel nostro piccolo, più volte come associazione Antigone a vario titolo ci siamo rivolti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, portando le ragioni di chi crede in un sistema carcerario che rispetti la dignità umana di tutte le persone detenute.
La tutela dei valori costituzionali riguarda tutti noi. Il passo appena compiuto dalla Consulta, disposta oggi a uscire da se stessa nell’ascolto dell’esterno, è un passo fondamentale di democrazia e apertura. Ringraziamo Marta Cartabia e l’intera Corte per questo.