Un trattore della Regione siciliana era stato danneggiato e saccheggiato, per questo il dirigente – conoscendo evidentemente le dinamiche del territorio – si era rivolto al clan mafioso. Solo uno degli esempi che hanno portato a ricostruire come i clan storici dei Nebrodi – il clan dei Batanesi e il clan dei Tortoriciani – avessero messo le mani sui contributi europei grazie anche alla connivenza dei colletti bianchi. Dal 2012 avevano ottenuto più di 10 milioni di euro dall’Ue, come contributi europei per l’agricoltura. Il tutto grazie alla connivenza e consulenza di funzionari regionali. È questo l’esito dell’inchiesta “Nebrodi” della Procura di Messina, guidata da Maurizio De Lucia che ha portato oggi all’arresto di 94 persone, di cui 48 in carcere e 46 agli arresti domiciliari, e al sequestro di 151 imprese, conti correnti e rapporti finanziari. Tra gli arrestati, esponenti del sodalizio mafioso, imprenditori e amministratori, tra cui il sindaco di Tortorici. Tutti, accusati, a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, falso, truffa.
Reati ricostruiti da due indagini della Dda di Messina, affidate al Gico della Guardia di finanzia di Messina, al Ros di Messina e al Nac dei carabinieri di Salerno. L’indagine dei Ros si è concentrata sulla famiglia dei Batanesi (nome di una delle 72 contrade di Tortorici) e dei Bontempo Scavo, capeggiata da Aurelio Salvatore Faranda che negli anni da Tortorici ha esteso i suoi interessi nel Calatino. Gruppi mafiosi operativi sui Nebrodi e con rapporti con Cosa nostra palermitana, con le famiglie catanesi e della provincia ennese. Intercettazioni, perquisizioni, indagini documentali: così è emerso come i clan infliggessero estorsioni finalizzate ad accaparrarsi terreni per potere accedere ai contributi comunitari. Così hanno reperito ingenti contributi comunitari concessi dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) diventata nel tempo la principale attività per tutta l’organizzazione mafiosa presente nel territorio.
A partire dal 2013, hanno intascato oltre 10 milioni di euro con il coinvolgimento di oltre 150 imprese agricole (società cooperative o ditte individuali), tutte direttamente o indirettamente riconducibili alle due famiglie mafiose. Tutto realizzato grazie alla compiacenza di ex collaboratori Agea, un notaio, numerosi responsabili dei Centri di assistenza agricola. Una “spartizione virtuale” del territorio, con rapporti anche con altri gruppi mafiosi di altre province. I Nebrodi sono, d’altronde, montagne confinanti tra tre province, Messina, Catania ed Enna. Gli indagati dal 2012 ad oggi – secondo l’ipotesi della procura – hanno falsamente certificato la titolarità dei terreni, in capo a prestanomi, ma in realtà riconducibili a persone o enti diversi da chi effettivamente chiedeva il contributo europeo. I contribuiti europei finivano poi in conti esteri: in alcuni casi, infatti, le somme provento delle truffe venivano intascate da beneficiari su conti correnti aperti presso banche estere e poi fatti rientrare in Italia attraverso complesse movimentazioni economiche, finalizzate a fare perdere le tracce del denaro.
“L’operazione contro la mafia dei Nebrodi è un ulteriore passo avanti dello Stato nella lotta alle mafie“, ha commentato Nicola Morra (M5s), presidente della commissione Antimafia. Un sincero ringraziamento e un grande plauso, per un’indagine che vede coinvolte oltre un centinaio di persone. I numeri sono impressionanti, come la capacità di infiltrazione e di depredazione dei fondi europei. Da oggi anche nei Nebrodi si respira aria di libertà grazie alla dedizione delle donne e degli uomini dello Stato”.
Chiamata “mafia dei pascoli”, dei tortoriciani si conoscevano la capacità sanguinaria e le doti di tiratori già dagli anni ’80, quando sui Nebrodi esplose una guerra tra clan. Una guerra sanguinaria alla quale parteciperà anche Cosa nostra che invierà soldati da Palermo per sostenere il gruppo amico, e che terminerà solo dopo il febbraio del 1992, cioè dopo l’esplosione al commissariato di Tortorici, fatto saltare in aria da una carica di tritolo mentre quasi contemporaneamente a Sant’ Agata di Militello un bidone di benzina bruciava il negozio di ferramenta di Calogero Cordici, che aveva dato vita da consigliere comunale alla prima associazione antiracket sul territorio.
Una mafia interessata negli anni ’80 agli appalti sul raddoppio ferroviario, per poi lasciare il passo agli interessi sull’eolico. Mentre dal 2012 gli appetiti mafiosi si sono concentrati sui campi agricoli e i contributi europei. Appetiti già frenati dal protocollo Antoci che bloccò molte delle ditte titolari di terreni, perché imponeva la certificazione antimafia. Per i magistrati “emerge un contesto di significazione probatoria e chiavi di lettura dell’attentato Antoci che si è posto in contrasto con gli interessi della mafia”. Il riferimento è all’agguato a Giuseppe Antoci (la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2016) sulla cui matrice mafiosa erano state sollevate perplessità da parte della commissione antimafia dell’Assemblea siciliana.
Aggiornato da redazione web alle 10.00 del 15 gennaio 2020
Mafie
Mafia, 94 arresti tra i clan dei Nebrodi. In cella i boss messinesi: “Prendevano contributi europei illecitamente, truffa da 10 milioni di euro”
È questo l’esito dell’inchiesta “Nebrodi” della Procura di Messina, guidata da Maurizio De Lucia che ha portato oggi all’arresto di 94 persone, di cui 48 in carcere e 46 agli arresti domiciliari, e al sequestro di 151 imprese, conti correnti e rapporti finanziari. Tra gli arrestati, esponenti del sodalizio mafioso, imprenditori e amministratori. Tutti, accusati, a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, falso, truffa
Un trattore della Regione siciliana era stato danneggiato e saccheggiato, per questo il dirigente – conoscendo evidentemente le dinamiche del territorio – si era rivolto al clan mafioso. Solo uno degli esempi che hanno portato a ricostruire come i clan storici dei Nebrodi – il clan dei Batanesi e il clan dei Tortoriciani – avessero messo le mani sui contributi europei grazie anche alla connivenza dei colletti bianchi. Dal 2012 avevano ottenuto più di 10 milioni di euro dall’Ue, come contributi europei per l’agricoltura. Il tutto grazie alla connivenza e consulenza di funzionari regionali. È questo l’esito dell’inchiesta “Nebrodi” della Procura di Messina, guidata da Maurizio De Lucia che ha portato oggi all’arresto di 94 persone, di cui 48 in carcere e 46 agli arresti domiciliari, e al sequestro di 151 imprese, conti correnti e rapporti finanziari. Tra gli arrestati, esponenti del sodalizio mafioso, imprenditori e amministratori, tra cui il sindaco di Tortorici. Tutti, accusati, a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, falso, truffa.
Reati ricostruiti da due indagini della Dda di Messina, affidate al Gico della Guardia di finanzia di Messina, al Ros di Messina e al Nac dei carabinieri di Salerno. L’indagine dei Ros si è concentrata sulla famiglia dei Batanesi (nome di una delle 72 contrade di Tortorici) e dei Bontempo Scavo, capeggiata da Aurelio Salvatore Faranda che negli anni da Tortorici ha esteso i suoi interessi nel Calatino. Gruppi mafiosi operativi sui Nebrodi e con rapporti con Cosa nostra palermitana, con le famiglie catanesi e della provincia ennese. Intercettazioni, perquisizioni, indagini documentali: così è emerso come i clan infliggessero estorsioni finalizzate ad accaparrarsi terreni per potere accedere ai contributi comunitari. Così hanno reperito ingenti contributi comunitari concessi dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) diventata nel tempo la principale attività per tutta l’organizzazione mafiosa presente nel territorio.
A partire dal 2013, hanno intascato oltre 10 milioni di euro con il coinvolgimento di oltre 150 imprese agricole (società cooperative o ditte individuali), tutte direttamente o indirettamente riconducibili alle due famiglie mafiose. Tutto realizzato grazie alla compiacenza di ex collaboratori Agea, un notaio, numerosi responsabili dei Centri di assistenza agricola. Una “spartizione virtuale” del territorio, con rapporti anche con altri gruppi mafiosi di altre province. I Nebrodi sono, d’altronde, montagne confinanti tra tre province, Messina, Catania ed Enna. Gli indagati dal 2012 ad oggi – secondo l’ipotesi della procura – hanno falsamente certificato la titolarità dei terreni, in capo a prestanomi, ma in realtà riconducibili a persone o enti diversi da chi effettivamente chiedeva il contributo europeo. I contribuiti europei finivano poi in conti esteri: in alcuni casi, infatti, le somme provento delle truffe venivano intascate da beneficiari su conti correnti aperti presso banche estere e poi fatti rientrare in Italia attraverso complesse movimentazioni economiche, finalizzate a fare perdere le tracce del denaro.
“L’operazione contro la mafia dei Nebrodi è un ulteriore passo avanti dello Stato nella lotta alle mafie“, ha commentato Nicola Morra (M5s), presidente della commissione Antimafia. Un sincero ringraziamento e un grande plauso, per un’indagine che vede coinvolte oltre un centinaio di persone. I numeri sono impressionanti, come la capacità di infiltrazione e di depredazione dei fondi europei. Da oggi anche nei Nebrodi si respira aria di libertà grazie alla dedizione delle donne e degli uomini dello Stato”.
Chiamata “mafia dei pascoli”, dei tortoriciani si conoscevano la capacità sanguinaria e le doti di tiratori già dagli anni ’80, quando sui Nebrodi esplose una guerra tra clan. Una guerra sanguinaria alla quale parteciperà anche Cosa nostra che invierà soldati da Palermo per sostenere il gruppo amico, e che terminerà solo dopo il febbraio del 1992, cioè dopo l’esplosione al commissariato di Tortorici, fatto saltare in aria da una carica di tritolo mentre quasi contemporaneamente a Sant’ Agata di Militello un bidone di benzina bruciava il negozio di ferramenta di Calogero Cordici, che aveva dato vita da consigliere comunale alla prima associazione antiracket sul territorio.
Una mafia interessata negli anni ’80 agli appalti sul raddoppio ferroviario, per poi lasciare il passo agli interessi sull’eolico. Mentre dal 2012 gli appetiti mafiosi si sono concentrati sui campi agricoli e i contributi europei. Appetiti già frenati dal protocollo Antoci che bloccò molte delle ditte titolari di terreni, perché imponeva la certificazione antimafia. Per i magistrati “emerge un contesto di significazione probatoria e chiavi di lettura dell’attentato Antoci che si è posto in contrasto con gli interessi della mafia”. Il riferimento è all’agguato a Giuseppe Antoci (la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2016) sulla cui matrice mafiosa erano state sollevate perplessità da parte della commissione antimafia dell’Assemblea siciliana.
Aggiornato da redazione web alle 10.00 del 15 gennaio 2020
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Mondo
‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.