“Sole le donne su questo palco, Amy e io, hanno vinto tutte le elezioni cui hanno partecipato. Gli uomini su questo palco ne hanno perse insieme dieci”. La battuta di Elizabeth Warren, colta al volo da Amy Klobuchar (“E’ vero, noi donne abbiamo sempre vinto”), trova una flebile opposizione di Bernie Sanders: “Io ho battuto un repubblicano”. “Quando?”, “Nel 1990”. “Ma è trent’anni fa!”.
Molta politica estera, indotta dai rischi di un conflitto in Medio Oriente innescati dall’uccisione del generale iraniano Qasim Soleimani; ma anche qualche scaramuccia interna ai sei aspiranti alla nomination democratica saliti sul palco della Drake University di Des Moines, la capitale dello Iowa, lo Stato in cui il 3 febbraio cominceranno le primarie, con i tradizionali caucuses.
L’ultimo dibattito prima del primo voto di queste primarie ha per protagonisti i tre Grandi Vecchi (in ordine alfabetico, l’ex vice-presidente Joe Biden e i senatori Sanders e Warren), la senatrice Amy Klobuchar, l’ex sindaco di South Bend, nell’Indiana, Pete Buttigieg e il miliardario Tom Steyer.
Biden, che è il battistrada a livello nazionale, ma che nello Iowa non è sicuro di vincere – anche se appare in crescita – resta un po’ defilato: non cerca di mostrare il piglio del leader, che forse non ha, ma sta attendo a evitare gaffe – un suo tallone d’Achille. Minuti alla mano parla meno degli altri, ma è costretto a difendersi solo una volta: “Ho già detto 13 anni fa che fu un errore votare per la guerra in Iraq“, replica a Sanders, che definisce quel conflitto “la peggiore decisione della nostra storia insieme alla guerra del Vietnam“.
Per il resto, Biden si limita all’essenziale: è pronto ad affrontare Donald Trump faccia a faccia e a guidare il Paese con la sua esperienza di otto anni alla Casa Bianca al fianco di Barack Obama. I contrasti e le frizioni sono a sinistra, tra Sanders e la Warren: entrambi progressisti, con il primo che si considera “socialista”, la seconda spauracchio della finanza, costretti a farsi la guerra – notavano i commentatori fin dalla vigilia del dibattito – per diventare l’anti-Biden, prima ancora che l’anti-Trump.
Il loro scontro, però, non dà proprio scintille, se non alla fine, quando non si stringono la mano e si scambiano, fuori microfono, battute concitate. Sanders ribadisce di non avere mai detto che una donna non potrà mai vincere le elezioni presidenziali, la Warren sostiene gliel’abbia detto nel 2018: “È la mia storia a parlare per me: su YouTube potete trovare un video in cui sostengo, 30 anni fa, che la vittoria di una donna è possibile”.
Prestazione in chiaroscuro per Buttigieg che mostra competenza dalla politica estera alla sanità, ma che non s’impossessa del ruolo di moderato in alternativa a Biden. Ai margini del dibattito, non solo perché alle estremità del palco, Steyer e la Klobuchar, che riesce però a piazzare qualche battuta incisiva.
Fra le spigolature del confronto, Sanders che denuncia “il rischio di guerra con l’Iran per le bugie di Trump”, la Warren che s’impegna a ritirare le truppe Usa dal Medio Oriente, Buttigieg che accusa il presidente di facilitare – invece che di impedire – il ricorso dell’Iran al nucleare, Biden che afferma che non incontrerebbe mai il dittatore nordcoreano Kim Jong-un senza porre prima paletti, Sanders che esclude un accordo con la Cina che non comprenda la lotta al cambiamento climatico (ora come ora Pechino fa più di Washington, che è negazionista, nda).
I moderati litigano coi progressisti sulla riforma della sanità. E Buttigieg mette l’epigrafe sul dibattito: “È ora di gettare il trumpismo nella spazzatura”. Fronte impeachment, nelle prossime ore la Camera trasmetterà al Senato i capi d’accusa del presidente Trump, abuso di potere e ostruzione alla giustizia. Il processo dovrebbe iniziare martedì prossimo 21 gennaio.