Katia Crascì, nata a Tortorici nel 1979, aveva chiesto contributi per i suoi terreni all’Unione europea. Peccato che nei “suoi” terreni figuravano anche quelli in gestione alla Nato e alla Marina americana (U.S Navy). Cioè gli stessi dove sorge il sistema di Muos, la maxi antenna di comunicazione satellitare americana. C’è anche la base americana di Niscemi tra quelli al centro della maxi inchiesta della procura di Messina sulla cosiddetta “mafia dei pascoli“: 94 indagati, 48 in carcere e il resto agli arresti domiciliari. Dall’operazione del Ros di Messina e della Gico della Guardia di Finanza, però, emerge come quella dei Nebrodi, storicamente considerata di impronta prettamente rurale, abbia ormai un “nuovo volto”. Di più: l’ufficio inquirente guidato da Maurizio De Lucia ha rivelato invece la “strategia della nuova mafia di Tortorici, non estorsioni di base ma truffe sistematiche ai danni dell’Unione europea, in realtà dello Stato e sempre con in risultato di usare e dominare il territorio, o fisicamente o virtualmente”.
In questo modo otteneva l’attestazione falsa dei terreni, grazie alla connivenza di operatori dei Centri di assistenza agricola, che individuavano telematicamente i terreni non attivi e li indicavano agli indagati che se ne attestavano la titolarità anche grazie a prestanomi per poi richiedere i contributi pubblici. Tra gli operatori dei centri di assistenza agricola anche l’attuale sindaco di Tortorici (all’epoca dei fatti in uno dei Caa), finito tra gli arrestati e sospeso dalla guida dell’amministrazione dalla prefettura di Messina. Tra i terreni al centro delle truffe non solo quello dove sorge il Muos di Niscemi, ma anche quello dove da anni c’è l’aeroporto di Boccadifalco, a Palermo: anche questo era stato dichiarato come terreno agricolo in possesso dell’organizzazione. Episodi perlomeno paradossali che però rivelano il “nuovo volto” della mafia Nebroidea.
Ma i terreni al centro delle frodi sono diversi. Un affare che ha fruttato da 150 a 200mila euro a testa l’anno, per una cifra complessiva di 10 milioni di euro. Il clan dei Nebrodi usava mezzi virtuali ma pur “sempre un ritorno alla terra – scrive il gip di Messina, Salvatore Mastroeni – alla roba verghiana, solo che la terra, la roba, è quella altrui e serve a carpire denaro a pioggia che torna dall’Europa”. Terra spesso demaniale, intestata anche a soggetti deceduti da 8 o 10 anni. Un sistema messo in atto con plurime connivenze, con “diffusa omertà”, ma anche con estorsioni e intimidazioni. Dall’inchiesta è emerso, infatti, un controllo del territorio da parte di una mafia in grado di rapportarsi con i clan più potenti del resto della Sicilia, da pari a pari. U Uappu, al secolo Sebastiano Bontempo, emerge dalle indagini come capo indiscusso del clan dei Batanesi, il gruppo più potente, che prende nome da una delle 72 contrade di Tortorici ma si radica anche in un’altra provincia, a Centuripe, cioè ad Enna, a riprova di un ruolo da “collante” tra diversi territori, province e procure: quattro in tutto tra Messina, Catania, Enna e Caltanissetta.
Un territorio noto per il controllo mafioso già dagli anni ’90, ma sul quale dal 2007 al 2016 non era stata più avviata nessuna indagine. L’ultima, che ha avuto un primo esito oggi, ha inizio nel febbraio del 2016, mesi prima dell’attentato subito dall’allora presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, avvenuto nella notte del 18 maggio. Solo due settimane prima quei colpi esplosi sulla blindata che trasportava Antoci, sui Nebrodi si festeggiava con champagne il ritorno a casa del boss Sebastiano Bontempo, dopo 24 anni di carcere scontati per omicidio. Grandi festeggiamenti al ristorante Rinazzo per il ritorno del capomafia indiscusso – stando ai rilievi degli inquirenti – al quale sottostava anche il secondo clan dei tortoriciani, che fa capo ai Bontempo Scavo. Il rapporto grazie al quale i Bontempo ottengono terreni senza che i reali proprietari possano battere ciglio: Ignazio Di Vincenzo, per esempio, ha concesso i suoi 15 ettari di a Gino Bontempo e Slvatore Costanzo Zammataro, senza alcun pagamento. Due contratti stipulati a nome della figlia di Bontempo, Lucrezia, e un altro a favore di una società. “Egli non è amico né conosce Bontempo Gino – scrive Mastroeni – eppure questi lo convoca, lui si presenta e cede i suoi 15 ettari non ricevendo niente in cambio, e sapendo, in entrambe le occasioni che sarebbe finita cosi. Il dato che spiega, amaramente, tutto è che Bontempo Gino è appena uscito dal carcere. La richiesta di presentarsi, dei contratti sui terreni sono l’esercizio di una intimidazione diffusa ed evidente, un mafioso non ha bisogno di minacciare, se chiede una cessione gratuita dietro c’è il peso della forza della mafia”. Tra le persone coinvolte nell’inchiesta anche un notaio di Canicattì, Nino Pecoraro e una decina di dipendenti dei Caa. “Questo processo, nei comportamenti degli imputati, riecheggia il protagonista delle “Anime Morte” di Gogol – continua il gip – lì il commercio era di soggetti e servi morti, qui di un territorio pure praticamente morto perché sottratto ai proprietari, e anche allo sviluppo e agli aiuti, dai mafiosi. Ma forse anche anime, perché soffocato è l’intero territorio e i suoi abitanti”.
Mafie
Mafia, quella dei pascoli si è specializzata in truffe Ue. “Frode pure su base Nato di Niscemi: terreni spacciati per agricoli. Ma lì c’è il Muos”
Dalle carte dell'indagine emerge come i clan dei Nebrodi, storicamente considerati di impronta prettamente rurale, abbiano ormai un "nuovo volto": "La strategia della nuova mafia di Tortorici", scrive il gip, sono "truffe sistematiche ai danni dell’Unione europea, in realtà dello Stato e sempre con in risultato di usare e dominare il territorio, o fisicamente o virtualmente". Eccom come funzionavano le frodi milionarie
Katia Crascì, nata a Tortorici nel 1979, aveva chiesto contributi per i suoi terreni all’Unione europea. Peccato che nei “suoi” terreni figuravano anche quelli in gestione alla Nato e alla Marina americana (U.S Navy). Cioè gli stessi dove sorge il sistema di Muos, la maxi antenna di comunicazione satellitare americana. C’è anche la base americana di Niscemi tra quelli al centro della maxi inchiesta della procura di Messina sulla cosiddetta “mafia dei pascoli“: 94 indagati, 48 in carcere e il resto agli arresti domiciliari. Dall’operazione del Ros di Messina e della Gico della Guardia di Finanza, però, emerge come quella dei Nebrodi, storicamente considerata di impronta prettamente rurale, abbia ormai un “nuovo volto”. Di più: l’ufficio inquirente guidato da Maurizio De Lucia ha rivelato invece la “strategia della nuova mafia di Tortorici, non estorsioni di base ma truffe sistematiche ai danni dell’Unione europea, in realtà dello Stato e sempre con in risultato di usare e dominare il territorio, o fisicamente o virtualmente”.
In questo modo otteneva l’attestazione falsa dei terreni, grazie alla connivenza di operatori dei Centri di assistenza agricola, che individuavano telematicamente i terreni non attivi e li indicavano agli indagati che se ne attestavano la titolarità anche grazie a prestanomi per poi richiedere i contributi pubblici. Tra gli operatori dei centri di assistenza agricola anche l’attuale sindaco di Tortorici (all’epoca dei fatti in uno dei Caa), finito tra gli arrestati e sospeso dalla guida dell’amministrazione dalla prefettura di Messina. Tra i terreni al centro delle truffe non solo quello dove sorge il Muos di Niscemi, ma anche quello dove da anni c’è l’aeroporto di Boccadifalco, a Palermo: anche questo era stato dichiarato come terreno agricolo in possesso dell’organizzazione. Episodi perlomeno paradossali che però rivelano il “nuovo volto” della mafia Nebroidea.
Ma i terreni al centro delle frodi sono diversi. Un affare che ha fruttato da 150 a 200mila euro a testa l’anno, per una cifra complessiva di 10 milioni di euro. Il clan dei Nebrodi usava mezzi virtuali ma pur “sempre un ritorno alla terra – scrive il gip di Messina, Salvatore Mastroeni – alla roba verghiana, solo che la terra, la roba, è quella altrui e serve a carpire denaro a pioggia che torna dall’Europa”. Terra spesso demaniale, intestata anche a soggetti deceduti da 8 o 10 anni. Un sistema messo in atto con plurime connivenze, con “diffusa omertà”, ma anche con estorsioni e intimidazioni. Dall’inchiesta è emerso, infatti, un controllo del territorio da parte di una mafia in grado di rapportarsi con i clan più potenti del resto della Sicilia, da pari a pari. U Uappu, al secolo Sebastiano Bontempo, emerge dalle indagini come capo indiscusso del clan dei Batanesi, il gruppo più potente, che prende nome da una delle 72 contrade di Tortorici ma si radica anche in un’altra provincia, a Centuripe, cioè ad Enna, a riprova di un ruolo da “collante” tra diversi territori, province e procure: quattro in tutto tra Messina, Catania, Enna e Caltanissetta.
Un territorio noto per il controllo mafioso già dagli anni ’90, ma sul quale dal 2007 al 2016 non era stata più avviata nessuna indagine. L’ultima, che ha avuto un primo esito oggi, ha inizio nel febbraio del 2016, mesi prima dell’attentato subito dall’allora presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, avvenuto nella notte del 18 maggio. Solo due settimane prima quei colpi esplosi sulla blindata che trasportava Antoci, sui Nebrodi si festeggiava con champagne il ritorno a casa del boss Sebastiano Bontempo, dopo 24 anni di carcere scontati per omicidio. Grandi festeggiamenti al ristorante Rinazzo per il ritorno del capomafia indiscusso – stando ai rilievi degli inquirenti – al quale sottostava anche il secondo clan dei tortoriciani, che fa capo ai Bontempo Scavo. Il rapporto grazie al quale i Bontempo ottengono terreni senza che i reali proprietari possano battere ciglio: Ignazio Di Vincenzo, per esempio, ha concesso i suoi 15 ettari di a Gino Bontempo e Slvatore Costanzo Zammataro, senza alcun pagamento. Due contratti stipulati a nome della figlia di Bontempo, Lucrezia, e un altro a favore di una società. “Egli non è amico né conosce Bontempo Gino – scrive Mastroeni – eppure questi lo convoca, lui si presenta e cede i suoi 15 ettari non ricevendo niente in cambio, e sapendo, in entrambe le occasioni che sarebbe finita cosi. Il dato che spiega, amaramente, tutto è che Bontempo Gino è appena uscito dal carcere. La richiesta di presentarsi, dei contratti sui terreni sono l’esercizio di una intimidazione diffusa ed evidente, un mafioso non ha bisogno di minacciare, se chiede una cessione gratuita dietro c’è il peso della forza della mafia”. Tra le persone coinvolte nell’inchiesta anche un notaio di Canicattì, Nino Pecoraro e una decina di dipendenti dei Caa. “Questo processo, nei comportamenti degli imputati, riecheggia il protagonista delle “Anime Morte” di Gogol – continua il gip – lì il commercio era di soggetti e servi morti, qui di un territorio pure praticamente morto perché sottratto ai proprietari, e anche allo sviluppo e agli aiuti, dai mafiosi. Ma forse anche anime, perché soffocato è l’intero territorio e i suoi abitanti”.
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.