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Senato, Luigi Di Marzio esce dal M5s: “Additato come traditore per aver firmato il referendum contro il taglio degli eletti”

Il parlamentare è intervenuto in Aula e ha annunciato il suo addio al Movimento. Tra i motivi che lo hanno spinto a iscriversi al gruppo Misto gli attacchi ricevuti per il suo sostegno alla consultazione che vuole bloccare il taglio degli eletti. "Norma che", ha ammesso, "ha votato solo per disciplina"

Nuovo addio dalle fila dei 5 stelle in Senato. Il senatore Luigi Di Marzio, intervenendo in Aula, ha annunciato la sua adesione al gruppo Misto. Una decisione, ha dichiarato, presa dopo “essere stato additato come traditore” per aver firmato il referendum contro il taglio dei parlamentari. Il senatore ha esordito dicendo di sentirsi costretto a dover prendere atto di “una epurazione di fatto“: “Ancorché con il rammarico di separarmi da colleghi integerrimi”, ha continuato, “formalizzo la mia decisione di aderire al gruppo Misto, formazione certamente inidonea a favorire qualsivoglia eventuale desiderio della reiterazione di un’esperienza rivelatasi finora deludente, anche a causa del sostanziale disinteresse ad accogliere qualsivoglia contributo ulteriore rispetto a quello di dover pigiare pulsanti“.

Di Marzio ha quindi dichiarato di essere contrario al taglio dei parlamentari, soluzione che avrebbe sostituito con un taglio degli stipendi degli eletti. “E’ una norma”, ha spiegato sempre in Aula, che ha votato per il ddl voluto dal M5s “solo per disciplina, pur condividendo non soltanto le perplessità al riguardo manifestate da studiosi della materia, ma anche le critiche di quanti hanno argomentato che l’obiettivo del risparmio, invocato a sua giustificazione, avrebbe potuto ottenersi con procedura incomparabilmente più snella e senza dover incidere sul dettato costituzionale, operando cioè una semplice decurtazione degli emolumenti dei parlamentari, ma mantenendone invariato il numero, piuttosto che dimezzarne il numero a retribuzione invariata”. Questa soluzione, sempre secondo Di Marzio, avrebbe anche permesso di ridurre le polemiche sui rimborsi M5s: “Si sarebbe anche posto fine alle cicliche polemiche, concernenti le cosiddette restituzioni effettuate dai portavoce del Movimento che, del tutto casualmente, nelle ultime settimane hanno visto anche me, infondatamente additato, contrariamente al vero, quale responsabile di non aver effettuato alcun versamento da oltre un anno”. Proprio Di Marzio, fino a qualche giorno fa, risultava sul sito tirendiconto.it tra coloro che non avevano mai restituito lo stipendio nel 2019. Attualmente però, in corrispondenza del suo nome, tutti i pallini (che coincidono con i mesi arretrati) risultano verdi e accesi.

“Avverso simili censure”, ha detto, “non si è registrata alcuna presa di posizione ufficiale in difesa di un essenziale principio democratico cui si era, altrimenti, costantemente inneggiato, lasciando così che venissi additato quale eretico, ovvero, meno eufemisticamente, traditore. Mentre quell’indifferenza si sarebbe potuta ascrivere all’irrilevanza dell’accaduto, non può invece risultare accettabile, per quanto mi riguarda, il silenzio che ha accolto giudizi con cui, lungi dal rispettare principi fondanti, è stata invece esplicitamente stigmatizzata, pur se in forma impersonale, la scelta da me compiuta”. Di Marzio ha quindi respinto tutte le varie accuse che ha ricevuto negli ultimi giorni: “Ho assistito al ricorso, anziché ad argomenti di merito, a triti luoghi comuni e a strategie di ammonizione e colpevolizzazione mediante argumenta ad baculum, gli argomenti del bastone”. Di Marzio ha detto di “aver sentito l’obbligo” di lasciare “la parola definitiva ai cittadini elettori, affinché a essi fosse riconosciuto il diritto di partecipare a una scelta di tale rilevanza”. Di qui la decisione di “apporre anche la mia firma alla richiesta di referendum confermativo e, dunque, indipendentemente da ogni soggettiva presunzione di certezza circa l’esito di tale consultazione, di dover sottoporre decisioni di tale portata a un vaglio da parte del popolo sovrano”. E ha chiuso: “Sorprendentemente questo gesto, improntato al più rigoroso rispetto per la democrazia sostanziale, si è trasformato in motivo di stigma e non soltanto da parte di quella frazione dell’opinione pubblica attiva sui social media, che non ha avuto ritegno nel demonizzare così gli strumenti della democrazia diretta, mentre assumeva di uniformarsi ai suoi principi”.

Da settimane al Senato il Movimento 5 stelle subisce defezioni, tra espulsioni e addii spontanei. L’ex M5s Gianluca Rospi, in una nota, ha chiesto che i fuoriusciti inizino a lavorare in cooperazione: “Sono tanti i colleghi che come me hanno deciso e stanno decidendo di abbandonare il Movimento 5 stelle. Con l’uscita oggi del senatore Luigi Di Marzio e altri che so usciranno a breve, non ho che la conferma che il Movimento 5 stelle ha fallito nella sua missione di cambiare questo Paese, come confermano anche gli ultimi sondaggi che attestano una deblace del M5S significativa”. E ha concluso: “È ora di cambiare e farlo per davvero, per questo invito tutti i colleghi fuorusciti in questi giorni a collaborare insieme da protagonisti per uno sviluppo più umano dell’Italia”.