È una denuncia forte quella che viene fatta in 67 minuti, questa la durata della Conferenza stampa Caso Laura Massaro, la sentenza della Corte d’appello che rispetta il minore, da Veronica Giannone alla Camera dei deputati. Partendo dal caso di Laura Massaro, è stato affrontato il problema dei percorsi di vittimizzazione delle donne nei tribunali italiani e delle storture di un sistema che finisce per mettere le vittime di violenza sotto processo. Il caso di Laura Massaro ha scoperchiato un vaso di Pandora. Ma siamo solo all’inizio di una battaglia che sarà lunga e difficile.

L’avvocato Lorenzo Stipa, difensore di Laura Massaro nel procedimento per l’affidamento dei figlio, denuncia un grave pregiudizio contro le donne nei luoghi che dovrebbero garantirne i diritti. “Se in un procedimento per la separazione non si prendono in considerazione neanche i certificati di pronto soccorso che attestano le violenze, anzi si dice che questi certificati sono a volte strumentali, o addirittura che le ferite sono autoindotte, allora io mi domando: ma come fa una vittima di violenza a non essere accusata di false denunce? Cioè dovrebbe girare con la telecamera dentro casa? Ed è anacronistico che gli stessi comportamenti attuati in mezzo alla strada tra privati portano una condanna, ma se lo stesso comportamento viene attuato dentro l’abitazione familiare non viene minimamente condannato, anzi viene inserito in una conflittualità generica quando in realtà c’è un’aggressione e non una conflittualità. Addirittura la violenza non viene presa in considerazione nei tribunali civili nemmeno quando si arriva alla condanna per violenza passata in giudicato”.

In una sorta di schizofrenia di sistema si incoraggiano le donne vittime di violenza a svelare i maltrattamenti ma poi, nelle cause di separazione e per l’affidamento dei figli, quelle denunce diventano una loro colpa, e avvocati e assistenti sociali consigliano di ritirare le querele per dimostrare di “abbassare la conflittualità” e di essere “collaborative”. In caso contrario potrebbero rimetterci i figli. Questo è il messaggio sottinteso e le donne, spaventate, ritirano le querele.

Anche a Laura Massaro è capitata la stessa cosa: “ho ritirato le querele per stalking e appena l’ho fatto sono diventata la mitomane che inventava violenze” . Dietro l’angolo per Laura Massaro (come per molte donne) c’è stata l’accusa di alienazione parentale che muta forma, ma replica lo stesso costrutto.

Oggi viene definita in tante forme (madre adesiva, sindrome di Munchausen per procura, madre assorbente, madre simbiotica, madre malevola, conflitto di lealtà, etc…) e sta diventando l’arma perfetta in mano a uomini violenti: perché il rifiuto paterno del bambino, anche quando è dettato dalla paura per aver assistito a comportamenti violenti, diventa invece la prova dell’alienazione parentale.

Laura non ha voluto parlare di vittoria. E se la sentenza è stata un sollievo, ora è preoccupata per la propria incolumità. Nei giorni successivi alla sentenza è stata minacciata, insultata ed esposta alla gogna sui social media da alcuni appartenenti a gruppi “mascolinisti” o cosiddette “associazioni di padri separati”, che lei ha definito “padri separati male” e che certo non sono rappresentativi di tutti i padri che si separano.

Da qualche mese, Laura Massaro ha costituito il Comitato donne vittime della violenza istituzionale che sta raccogliendo sempre più testimonianze: “Continuiamo a ricevere segnalazioni da parte di donne che, dopo aver subito violenza, si sono visti togliere i figli, affidati in via esclusiva a padri violenti dopo che è stata formulata l’accusa di alienazione parentale. Stiamo raccogliendo documentazioni e queste Ctu sono tutte fotocopie, una identica all’altra. Del resto, esiste persino un vademecum con le domande da fare per verificare se ci sia alienazione parentale; ma in questo modo si gettano le basi per una tesi precostituita”.

Laura Massaro è chiara: “La Ctu – Consulenza tecnica d’ufficio – non riguarda mai i padri, che di fatto sono fuori da qualunque valutazione, ma vengono messi sotto la lente solo le madri e i bambini. Questa non è più giustizia, è inquisizione“. Dal 3 gennaio Laura Massaro ha potuto tirare un sospiro di sollievo perché la Corte d’Appello ha annullato il decreto di allontanamento coatto del figlio e la collocazione presso il padre.

Una sentenza che l’avvocato Stipa considera illuminata: “La Corte d’appello specifica che la bigenitorialità non può essere un principio astratto che prevale sull’interesse del minore e ha evidenziato come sia velleitario ritenere che si possa ricostruire un legame parentale recidendo l’altro. Come è stato possibile che il 5 luglio il Tribunale sospendesse la potestà genitoriale ad entrambi i genitori, collocando il bambino con la madre e prescrivendo visite vigilate per il padre, e poi l’11 di ottobre abbia deciso di collocare il bambino nella casa del padre?”

Il decreto stabiliva forti limiti ai contatti tra madre e figlio e incaricava un educatore di vigilare h24 sulla relazione padre-figlio. Ebbene, siccome il servizio sociale poteva garantire un educatore solo per tre ore, il padre del bambino si era offerto di pagare di tasca sua un educatore privato che però avrebbe avuto il ruolo di “superpartes” e avrebbe relazionato al Tribunale dei minori sui rapporti tra padre e figlio. È incredibile ma è così.

“Dietro la alienazione parentale c’è solo misoginia e voglia di restaurazione da parte di chi vuole mettere le donne al loro posto” queste le parole di Laura Boldrini, che ha dichiarato che l’intergruppo di 50 deputate si occuperà della messa al bando della alienazione parentale dai tribunali, cosa non facile dato che questa viene citata dalle Ctu nelle loro relazioni con altri nomi.

Bruna Rucci, psicoterapeuta che nel procedimento di Laura Massaro ha avuto il ruolo di Ctp – consulente tecnica di parte -, ha spiegato che nei tribunali si applica purtroppo una psicologia nera: “Oggi nei tribunali la lobby della psicologica giuridica che aderisce alla Pas è diventata potente: non diventi Ctu se non fai i loro corsi. C’è una psicologia giuridica che non si basa sulla scienza, su Bowlby o sulle neuroscienze. Oggi sentiamo delle cose assurde tra queste Ctu. Una mi disse che se una donna che allatta è depressa: per costoro persino l’allattamento al seno diventa un’ accusa di inadeguatezza delle madri. Quanto alla alienazione parentale, è molto difficile sradicare questa costruzione pseudoscientifica perché è insegnata nelle Università, ai corsi di formazione per assistenti sociali e per giudici”.

“Un’ultima considerazione da non sottovalutare” ha detto Alessandra Menelao, psicologa della Uil, intervenendo dal pubblico, “è il giro di soldi che gravita intorno alle Ctu e alle Case Famiglia che ospitano i bambini”. Da tempo si parla di giri di milioni di euro, di Ctu d’oro, di consulenti che guadagnano moltissimo grazie alle separazioni: “Costi che dovrebbero essere calmierati” dice Menelao, “una Ctu può costare fino a 8mila euro, una somma ingente se si pensa che uno stipendio medio è di circa mille euro al mese e, considerando che le donne guadagnano meno degli uomini, mi chiedo: quanto si deve indebitare una madre?”

Del resto ha spiegato Menelao: “I corsi di formazione di psicologia giuridica costano circa 7-8mila euro l’anno e durano 4 anni. Si tratta di corsi privati che sono però riconosciuti dal Miur, quindi l’elemento dell’interesse economico non deve assolutamente essere sottovalutato”.

@nadiesdaa

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