Era il 17 marzo del 2015 e Matteo Renzi era presidente del Consiglio. Alla scuola superiore di polizia, dal palco, pronunciava queste parole: “Le pene per la corruzione devono essere sicuramente aumentate“. E sulla prescrizione che “viene laddove non si prova un fatto corruttivo è un elemento che nega la dignità dello Stato”. Perché, insisteva l’allora segretario del Partito democratico, “è inaccettabile pensare che si possa prescrivere il reato di corruzione“. Oggi, a distanza di cinque anni, il partito di cui Renzi è leader e fondatore, e cioè Italia Viva, si è schierato contro la riforma della prescrizione voluta dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. In particolare Iv, in commissione Giustizia, ha votato insieme a Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia contro la soppressione della proposta di legge Costa, che voleva togliere lo stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio.
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