Nonostante una sentenza del Consiglio di Stato abbia riammesso all’uso dei locali mensa un alunno la cui famiglia aveva fatto ricorso, ad oggi, due alunni extracomunitari della scuola Della Margherita mangiano in un’aula separati dagli altri. La dirigente precisa: "La nazionalità non c'entra, ma chi non usufruisce del servizio mensa non può accedere ai locali"
Il pasto da casa divide ancora. Anche all’interno dello stesso istituto. Come nel caso della scuola “Della Margherita” di Dresano (Milano). Nonostante una sentenza del Consiglio di Stato abbia riammesso all’uso dei locali mensa un alunno la cui famiglia aveva fatto ricorso, ad oggi, due alunni extracomunitari mangiano in un’aula separati dagli altri. A denunciare questa situazione è l’avvocato Giorgio Vecchione, paladino delle famiglie che scelgono la “schiscetta” al posto del pasto erogato in mensa. “I genitori di due bambini stranieri si sono rivolti al mio studio lamentando una gravissima ed incomprensibile forma di discriminazione ai danni dei figli, situazione che si trascina inammissibilmente dall’ottobre 2019. il Consiglio di Stato, prima con decreto cautelare numero 5857 del Presidente della Sezione VI e, successivamente, con ordinanza numero 6416 del dicembre 2019, integralmente riformando l’ordinanza cautelare di rigetto del Tar Lombardia numero 1549/19, ha accolto la domanda cautelare di un altro genitore il cui figlio frequenta l’Istituto “Della Margherita” e, per l’effetto, ha disposto la sospensione non solo del provvedimento individuale di rigetto dell’istanza di autorefezione, ma anche della deliberazione del Consiglio di Istituito, con la quale era stata disposta la sospensione del regolamento mensa che espressamente consentiva l’autorefezione. Pasto da casa che oggi è pienamente esercitabile, ma immotivatamente negato ai figli dei miei assistiti”.
Per effetto del decreto numero 5857/19 e dell’ordinanza numero 6416/19, l’altro minore, peraltro compagno di classe di uno dei due bambini che non possono accedere ai locali mensa, è stato, infatti, immediatamente riammesso in refettorio, con i propri pasti di preparazione domestica. “Trovo estremamente stigmatizzabile ed incomprensibile – scrive l’avvocato Vecchione alla dirigente della scuola – la gravissima forma di discriminazione e l’inutile vessazione poste ai danni dei minori miei assistiti, ancora oggi costretti ed obbligati a pranzare da soli in una stanza (di cui ignoro le condizioni igieniche), isolati dal resto dei compagni; questa situazione genera, da settimane, notevole ansia e turbamento psicologico nei minori che persino hanno iniziato a manifestare il rifiuto di recarsi a scuola”.
Pronta la risposta della dirigente Elisabetta Libralato che interpellata da ilFattoQuotidiano.it spiega: “Innanzitutto ci tengo a precisare che il fatto che gli alunni in questione siano di altra nazionalità non ha alcuna attinenza con l’intera vicenda, il problema è relativo unicamente alla fruizione del servizio mensa. Nel caso di specie, i due alunni non intendono usufruire del servizio mensa: pertanto, in base a quanto stabilito dalla scuola e dal contratto in essere tra il Comune e l’azienda che gestisce il servizio ristorazione, non è possibile accedere ai locali per chi non usufruisce del servizio stesso. Il fatto che un altro alunno, nelle stesse condizioni, attualmente acceda ai locali della mensa è frutto di un provvedimento provvisorio e momentaneo del Consiglio di Stato che si riferisce personalmente a quell’unico alunno e non costituisce un principio generale applicabile a tutti. Non si dimentichi, infatti, che da un punto di vista organizzativo, per la scuola la gestione differenziata tra alunni che usufruiscono del servizi mensa e di quelli che non vogliono aderire, costituisce un grave impegno di risorse e di organizzazione che rischia di ripercuotersi negativamente sul resto degli alunni. Ci auguriamo che dai superiori organi ministeriali arrivino chiarimenti e indicazioni su come gestire al meglio la questione”.