Alla vigilia della riunione chiusa del “club dei dieci che contano” (copyright Prodi) nell’abbazia di Contigliano, Zingaretti ha lanciato il suo “partito nuovo” a un consesso pubblico milanese. Come il Pd sarà nuovo, “non il nuovo partito”, attenzione, così il convengo portava il nome “Nord face”, che non a caso riecheggia la giacchetta sportiva con lo slogan never stop esploring, non smettere mai d’esplorare. L’indeterminatezza delle parole malcela il solito tentativo di rimettere insieme tutti i cocci: dagli scissionisti di ieri, escluso Matteo Renzi, ai delusi dei 5stelle. Il fine è soprattutto d’intercettare elettoralmente quel che si muove nella società, dai nuovi ecologisti alle Sardine.

Piddini e piddologi vari hanno indicato questa trovata come “molto veltroniana”: del resto dietro le quinte si muove lo stesso consigliere romano Goffredo Bettini. Tanto per non far trovare l’impronta fresca, il fu Walterissimo ha pubblicato in contemporanea sul Corriere della Sera una lenzuolata in più, stavolta di sabato, dal titolo a scatola: Nelle nubi di fuoco sull’Australia c’è il destino di tutto il pianeta.

A mettere subito il cappello sopra la giacchetta nuova del partitone s’è invece precipitato, l’11 gennaio del 2020, prezzemolo Beppe Sala: “Se si fa sul serio, noi ci siamo”, ha detto il sindaco di Milano, tra un’uscita social-mediatica sul suo dramma di separato che non può far la comunione e una sparata contro i Verdi, che lo accusano di aver avallato un inutile taglio di piante secolari a Città Studi e di preparare un altro scempio ecologico per le Olimpiadi invernali del 2026: “Voi sapete solo dire no: d’ora in poi la bandiera dell’ambientalismo la porterò avanti io”. Lo ripete da mesi mentre a Milano persino l’aria è irrespirabile.

Già mesi fa Veltroni, con la benedizione di Eugenio Scalfari, aveva dettato la linea del futuro “partito nuovo”: una sorta di caro vecchio campo progressista riunito intorno all’acronimo Ali, ambiente-lavoro-istruzione, parole d’ordine di un possibile rilancio. Dopo la riunione a porte chiuse dei potenti Pd, per Zingaretti i punti sono saliti a cinque: “Ambiente, lavoro, comunità per creare benessere, conoscenza e giustizia. Queste le priorità”. Belle intenzioni – piuttosto vaghe, soprattutto la terza – ma tanto la chiave di oggi, ovviamente, è la mimetizzazione ambientalista, che del resto è un atteggiamento diffuso tra le grandi famiglie politiche europee.

Il “Pd nuovo” in salsa verde fa richiamare alla mente un altro personaggio che di nome fa Walter. Spiega il suo narratore, l’immaginifico e controverso scrittore americano Chuck Palahniuk: “Aveva creduto nella democrazia e nel Destino Manifesto. Aveva creduto nel capitalismo, nel relativismo morale e nel marxismo culturale. Se era arrivato a tanto, poteva credere in qualunque cosa. Magari tutta la fede riposta in quelle assurde astrazioni era stata solo un allenamento. Punto”.

Questo Walter palahniukiano, che è tra i protagonisti del nuovo singolare romanzo distopico-politico tradotto in italiano con lo sviante titolo Il libro di Talbott (mentre l’originale sarebbe Adjustament Day, a indicare una sorta di giorno del giudizio populista), ha un ruolo determinante nell’organizzare la rivolta che colpisce le élite politiche e culturali della società americana.

È bene allenato “a credere” anche il nostro Walter, ma ha ben altro da fare, tra articoli e documentari. E poi la sua fede nelle astrazioni non si spinge così in fondo come quella del personaggio di Palahniuk, che rilancia le parole d’ordine della nuova rivoluzione e contribuisce a compilare la lista dei politici e dei professori da far eliminare, collocandosi così decisamente nel campo avversario, neo-populista.

Tornando al dunque, la carriera di Veltroni la conoscono tutti: dopo una lunga militanza nel Partito comunista, è stato sindaco di Roma, vicepresidente del Consiglio del primo governo Prodi, segretario fondatore del Partito Democratico. Qualcuno si ricorda, in tanti anni, una sua concreta battaglia ecologista? Domanda retorica che vale, al cubo, per una figura come il sindaco Sala, che guida una città ricca e affluente, sì, ma con picchi storici d’inquinamento ininterrotti dal 2017 (per non dire del consumo di suolo).

E nemmeno la regione Lazio di Zingaretti presidente ha brillato per sensibilità ecologica. Ma forse per gli ex-comunisti andrebbe considerato il Dna ideologico di comunisti e socialdemocratici, come abbiamo già indicato.

Alla natura, anche in chiave anti-industriale, guardavano casomai i romantici e tutt’altre tradizioni. Rosso e verde non vanno insieme, alla radice, e si sono incontrati di straforo dopo il 1960, tra hippy e post-marxismo alla Marcuse, ma questa è un’altra storia, che andrebbe studiata. Già, per rifondare davvero una forza politica – non per galleggiare al potere con i giochetti di parola – bisognerebbe partire dalle origini e dalla cultura. Ma non c’è tempo: “il destino del pianeta” incombe…

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