Tre dipendenti hanno denunciato la loro situazione dopo essere stati licenziati per aver chiesto un aumento. Circa 45 persone costrette a lavorare 10 ore al giorno senza riscaldamento. L'esposto riportato da Repubblica Torino: "Ricattati dal datore di lavoro, per sperare di ottenere il permesso di soggiorno dovevano accettare quelle condizioni"
Al lavoro 10 ore al giorno tutti i giorni, senza riposo, domeniche libere o ferie. Chiusi in un capannone senza riscaldamento alla periferia nord di Torino dovevano confezionare almeno mille scatole di pennarelli per ricevere i 18 euro di paga, mentre erano sorvegliati a vista dal datore di lavoro o dalla moglie, entrambi cittadini di nazionalità cinese. È la condizione di lavoro denunciata da tre richiedenti asilo ma che riguardava circa 45 persone, tutti cittadini extracomunitari richiedenti asilo. I tre lavoratori avevano chiesto che la paga giornaliera salisse almeno a 25 euro e sono stati licenziati.
Giovedì mattina, assistiti dall’avvocato torinese Simone Bisacca che ha anche presentato in procura un esposto per sfruttamento del lavoro, i tre si sono presentati davanti al giudice del lavoro che si è riservato di fissare una nuova data per ascoltare i testimoni. All’udienza non si è, invece, costituita l’azienda che risulterebbe in liquidazione. Ora sono in corso accertamenti per verificare se il materiale che veniva confezionato era contraffatto oppure no.
L’elenco delle buste paga, scrive Repubblica Torino, variava dai 150 euro ai 400 euro, dai 58 ai 300 euro. Ai richiedenti asilo la busta paga – avevano un contratto part time -serviva per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Per questo, il datore di lavoravo decurtava dallo stipendio mensile altri 50 euro. “In qualità di richiedenti asilo – si legge nell’esposto riportato sempre da Repubblica Torino – si trovavano in evidente stato di soggezione rispetto al datore di lavoro. Il datore di lavoro non perdeva occasione di ricordare loro che se volevano continuare a lavorare e sperare di ottenere il permesso di soggiorno, dovevano accettare le condizioni di lavoro da lui dettate”.