Bose chiude le proprie vetrine nei paesi più avanzati. Il marchio, noto per le cuffie e i sistemi di riproduzione audio, ritiene ormai obsoleta la vendita nei negozi in Europa, Nord America, Australia e Giappone, dove ormai la maggior parte della clientela acquista i suoi prodotti online. Resteranno circa 130 store in Cina e nel Sud-Est Asiatico, ma non si sa ancora per quanto tempo, visto che anche in questi paesi ormai le vendite online si diffondono velocemente.
La causa di quello che sta accadendo è ormai abbastanza nota, anche perché non riguarda solo Bose, ma un numero crescente di imprese in ogni ambito della produzione dei beni e servizi. Anche le banche sono coinvolte, poiché sono sempre di meno quelli che fanno operazioni agli sportelli anziché attraverso l’internet banking. Mi meraviglio che ancora esistano file chilometriche negli uffici postali per pagare le bollette e ricevere la pensione. Sono i più anziani che ancora vivono una condizione di analfabetismo informatico.
Cambiano gli stili di consumo e credo che siamo ancora all’inizio del cambiamento. Inutile fare discorsi rétro. Il nuovo luddismo di chi si lamenta per la chiusura delle librerie è poco credibile se chi scrive un post indignato su Facebook subito dopo apre la pagina di Amazon o Ibs e ordina un libro per documentarsi sulla quarta rivoluzione industriale.
La sensazione è che Industry 4.0 sia solo all’inizio. Presto cambieranno non solo gli stili di consumo, ma anche quelli del trasporto. Oltre alle auto elettriche ci saranno anche altre forme di mobilità. È di questi giorni l’annuncio da parte di Hyundai di un elicottero elettrico che volerà e diventerà in pochi anni uno dei principali mezzi di locomozione nelle aree urbane, anche per piccoli spostamenti.
Attenzione, però, i negozi non scompariranno del tutto, così come non scompariranno del tutto le auto. Piuttosto, gli store cambieranno la loro funzione principale. Già negli Stati Uniti si stanno diffondendo i primi store di neighboroud goods dove la clientela andrà per provare le novità e prendere i prodotti ordinati online, piuttosto che per acquistare. In questi store non ci saranno le casse.
La soluzione non è fermare, ma accelerare il cambiamento. Il risparmio sui costi di distribuzione libererà risorse per altre attività. Il problema è: quali attività? Invece di rievocare il mondo che fu, e che non tornerà più, bisogna sforzarsi di prevedere e di prepararsi a quello che verrà.
Non è un caso che l’elicottero elettrico sarà inventato da uno dei grandi conglomerati industriali sudcoreani. Sono le grandi imprese che innovano, ma lo Stato può fare tanto per aiutarle. Negli anni scorsi, i coreani hanno investito miliardi di dollari nella formazione di ingegneri elettrici da rendere disponibili a basso costo ai loro grandi conglomerati per inventare le nuove produzioni in grado di fare a meno dell’energia fossile. La Corea ha il mito dell’innovazione tecnologica che l’Europa sembra non avere più. Non è un caso se ormai in tutto il mondo si vendono i prodotti coreani e asiatici in genere, dai telefonini, alle automobili, ai televisori e così via.
Sono stato in Egitto nel 2002 e a dicembre 2019. Mi è balzato subito agli occhi che venti anni fa gli egiziani avevano quasi tutti una Fiat. Oggi le Fiat scarseggiano, mentre le auto coreane e giapponesi spopolano, rappresentando oltre il 90% del parco auto. Lo stesso sta accadendo in molti paesi del mondo.
Quello che sta accadendo a Bose è dettato dallo stesso fattore che è dietro l’esplosione di Amazon, del delivery food e così via. L’Italia non è da meno di altri paesi europei nel consumo. Non guidiamo il cambiamento, ma sicuramente viviamo quello prodotto da altri. Uno studio recente della Commissione Europea suggerisce che l’Italia è uno dei paesi in cui la diffusione dell’online è a livelli medio-alti.
Sulle conseguenze sociali di questi cambiamenti, ci siamo già soffermati in un precedente post di questo blog: si va verso una polarizzazione dei redditi fra chi ha redditi bassissimi (i cosiddetti rider) da un lato, e chi li ha altissimi (i proprietari dei siti online e i loro informatici e tecnici) dall’altro. Al contempo, si assiste a un depauperamento sempre più forte della classe media. L’istruzione, ma soprattutto le competenze lavorative nei nuovi settori, sono sempre più importanti per i giovani del futuro.
Un discorso a parte meritano i delivery workers: sempre più numerosi e con salari sempre più bassi e condizioni di lavoro sempre più difficili. Se ne è già accorto il cinema di Ken Loach con il suo ultimo film, Sorry we missed you. Si diffonde sempre più un proletariato che, rispetto a quello tipico del fordismo, non si raccoglie in uno stesso luogo di produzione, ma è disperso, solitario, preso dalla propria storia familiare e lavorativa, entrambe dominate dal precariato, senza speranza di alcun cambiamento, senza una identità di classe ben definita.
L’impatto si sente anche sul sistema politico e le istituzioni democratiche, poiché questi nuovi ceti sociali sono lasciati soli e senza più i corpi intermedi a sostenerli e aiutarli. Per questo sono preda della tv, della propaganda, delle fake news, di una rabbia che rischia di andare fuori controllo e che può affidarsi a chi predica odio e violenza, anziché a chi predica strategie di crescita economica e miglioramento delle condizioni di vita.
Onestamente, per questa nuova classe sociale è preferibile il salario minimo e il ritorno a una valorizzazione e restituzione di dignità del lavoro svolto piuttosto che un reddito di cittadinanza che la rende ancora di più senza identità e quindi più facilmente manovrabile dal punto di vista politico.