Citando una fonte della National oil corporation, l'emittente Al-Ahrar, spiega che il comandante delle Guardie degli impianti petroliferi nella Libia orientale e il comandante della Sala operazione di Sirte hanno ordinato di fermare le esportazioni per fare pressione su Tripoli. Onu: "Conseguenze devastanti per il Paese". La bozza della Conferenza: "Governo unico e comitati tecnici per monitorare il cessate il fuoco". Le forze filo-governative denunciano una violazione sui social: "Bombardata una località a sud di Misurata"
Stop all’export di petrolio da tutti i terminal e i porti della Libia centrale e orientale. Alla vigilia della conferenza di Berlino, alla quale parteciperanno sia Fayez al-Serraj che Khalifa Haftar, quest’ultimo ha ordinato, attraverso i suoi uomini all’interno del National Oil Corporation, la compagnia petrolifera statale libica, di fermare le esportazione. Secondo una fonte dell’emittente Al-Ahrar, la decisione provocherà un taglio di 700mila barili e un calo di introiti di 47 milioni di dollari al giorno. La traduzione dell’Onu è chiarissima: “Questa mossa avrebbe conseguenze devastanti prima di tutto per il popolo libico ed effetti terribili per la situazione economica del Paese”. E la Noc ha dichiarato lo “stato di forza maggiore” nei terminal di Brega, Ras Lanuf, Hariga, Zuweitina e Sidra, dove le attività vengono così sospese. Il tutto accade a poche ore dalla conferenza di Berlino, in programma domenica: Giuseppe Conte ha sentito telefonicamente la cancelliera tedesca Angela Merkel per scambiarsi un ultimo aggiornamento, e domani potrebbe incontrare il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres prima del vertice sulla Libia.
Citando una fonte della Noc, l’emittente Al-Ahrar, spiega che il comandante delle Guardie degli impianti petroliferi nella Libia orientale, Naji al-Maghrabi, ed il comandante della Sala operazione di Sirte – entrambi legati al generale Khalifa Haftar – hanno ordinato ai propri uomini nei terminal petroliferi di fermare le esportazioni. Venerdì diversi media hanno riportato la notizia che Haftar avrebbe ordinato la chiusura dei porti petroliferi nella Libia orientale per mettere pressione al governo di Tripoli guidato da al-Serraj. Nel tardo pomeriggio di venerdì esponenti tribali e i notabili dell’area di Zuwetina hanno occupato la Sala Operativa del terminal petrolifero e preannunciato la sospensione delle esportazioni di petrolio e del gas.
I vertici della Noc hanno condannato fermamente gli appelli a bloccare i terminal petroliferi alla vigilia di Berlino. “Il settore dell’oil&gas è la linfa vitale dell’economia libica e l’unica fonte di introiti per il popolo libico – ha dichiarato in una nota il presidente, Mustafa Sanalla – Il petrolio e gli impianti petroliferi appartengono al popolo libico. Non sono carte da giocare per risolvere questioni politiche”. Per Sanalla il blocco è “un atto criminale” e la Noc ha “spazi di stoccaggio limitati nei nostri porti principali”, quindi “se vengono chiusi, sarà necessario ridurre immediatamente la produzione e fermarla completamente quando i depositi saranno pieni. Potrebbero bastare meno di cinque giorni”.
La missione Onu in Libia esprime “profonda preoccupazione per gli attuali sforzi per interrompere o compromettere la produzione di petrolio” nel Paese. “Questa mossa avrebbe conseguenze devastanti prima di tutto per il popolo libico che dipende dal libero flusso di petrolio – si legge in un comunicato dell’Unsmil – e avrebbe effetti terribili per la situazione economica e finanziaria già deteriorata del Paese”. Di fronte agli appelli e alle minacce di fazioni vicine al generale Haftar, che comanda l’est della Libia compresa l’importante ‘mezzaluna petrolifera’, di bloccare i porti e gli impianti di petrolio della Cirenaica, l’Unsmil – alla vigilia della conferenza di Berlino – “esorta tutti i libici a esercitare la massima moderazione, mentre i negoziati internazionali continuano a mediare la fine della lunga crisi della Libia, inclusa la raccomandazione di misure per garantire la trasparenza nella distribuzione delle risorse”.
In vista della conferenza prevista domenica a Berlino, il premier Giuseppe Conte ha avuto un colloquio telefonico con la cancelliera tedesca Angela Merkel “utile a scambiarsi un ultimo aggiornamento” in preparazione del summit. Poco prima della conferenza sulla Libia, a quanto si apprende, è previsto un bilaterale tra Conte e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. L’incontro dovrebbe tenersi poco prima della Conferenza sulla Libia. Il ministro degli esteri Luigi Di Maio è intervenuto sulla questione da Lamezia Terme, dove si trova per sostenere Francesco Aiello, candidato del M5S per la Regione Calabria: “Mi accusano di non risolvere il problema della Libia. Ma l’avete bombardata voi nel 2011 insieme a Sarkozy. Meloni, la Lega e Berlusconi stavano al governo quando l’hanno bombardata”. Poi ha aggiunto che domani sarà a Berlino insieme a Conte per la conferenza “che è l’occasione per mettere attorno a un tavolo tutti i protagonisti di questa vicenda e chiedergli il cessate il fuoco”.
La bozza delle conclusioni del vertice è stata anticipata dall’agenzia di stampa Tass: i Paesi partecipanti chiederebbero “alle Nazioni Unite di facilitare i negoziati sul cessate il fuoco tra le parti, anche attraverso l’istituzione immediata di comitati tecnici per monitorare e verificare l’attuazione del cessate il fuoco”. Inoltre i Paesi partecipanti, si legge ancora, “sostengono l’Accordo politico libico come struttura attuabile per la soluzione politica in Libia” e chiedono anche “l’istituzione di un Consiglio di presidenza funzionante e la formazione di un governo libico unico, unificato, inclusivo ed efficace approvato dalla Camera dei Rappresentanti”.
In serata sui social è circolata la notizia di una violazione del cessate il fuoco, proprio alla vigilia della Conferenza di Berlino: “L’aviazione del generale Khalifa Haftar ha bombardato Abugrein senza perdite di vite umane”: lo scrive la pagina Facebook dell’operazione “Vulcano di collera” citando il portavoce delle forze filo-governative, Mohamed Gnounou. Il post, senza fornire altri dettagli, parla di una località nel territorio di Misurata, circa cento chilometri a sud-est della città bastione delle forze che appoggiano il premier Fayez al-Sarraj.