“Ci stiamo muovendo sempre di più verso un’agricoltura industriale che è in contrasto con le politiche di salvataggio del clima che gli Stati europei hanno siglato”. Saskia Richarzt, portavoce di Wir haben es satt!, associazione che protesta contro le politiche agricole del governo tedesco e dell’Europa, riassume così il motivo per cui gli agricoltori tedeschi scendono in piazza a Berlino contro il trattato Ue-Mercosur, ovvero l’accordo commerciale sottoscritto lo scorso 28 giugno dopo 20 anni di negoziati tra Unione europea da un lato e Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay dall’altro. Proprio a questo trattato, come fatto precedentemente con il TTIP e il CETA, che gli agricoltori tedeschi si oppongono perché vedono un rischio per le proprie aziende. Wir haben agrarindustrie satt! è il nome della manifestazione, arrivata al decimo anniversario, degli agricoltori e dei cittadini che cercano un modello alternativo allo sfruttamento intensivo del terreno e all’uso deliberato di pesticidi. E che ora chiedono al governo di Angela Merkel di mettere il veto al trattato.
L’accordo Ue-Mercosur “si basa sulla continuazione dell’agricoltura industriale, che è stata a lungo considerata un fallimento e non è più adatta per il futuro: danneggerà i produttori di entrambi i continenti”, afferma Antonio Andrioli, studioso brasiliano, che spiega così il motivo per cui gli agricoltori tedeschi scendono in piazza. “In pratica – prosegue – si parla di importare carne ed etanolo più economici dall’America Latina, ovvero prodotti associati localmente al degrado ambientale e alle violazioni dei diritti umani”, sostiene Andrioli. A questo si aggiungono le problematiche ambientali e la differenza legislativa sull’utilizzo dei pesticidi come il Glifosato e il Paraquat. “In Germania il limite di Glifosato nelle acque è di 0,5 microgrammi, in Brasile di 500 microgrammi – continua lo studioso – in pratica si esportano in America Latina pesticidi che vengono utilizzati per prodotti che poi verranno reintrodotti in Europa grazie agli accordi commerciali”.
Il Brasile è, insieme agli Stati Uniti, il paese che utilizza il maggior numero di pesticidi al mondo. Più di 150 di questi non sono consentiti dall’attuale normativa comunitaria. Il rischio è quello di ritrovarsi sugli scaffali dei supermercati prodotti che non rispettano gli standard europei di sicurezza alimentare. “In Europa produciamo abbastanza carne per sfamarci, non si tratta di bisogni ma di importare prodotti a basso costo. Inoltre, importiamo etanolo prodotto dalla soia. Si disboscano le foreste per fare la soia”, afferma Saskia Richartz. In pratica è come se i governi da un lato si impegnassero per ridurre le emissioni e poi dall’altro lato delegassero all’America Latina il settore primario, importando cibo per esportare prodotti industriali, creando succursali dell’inquinamento. Un modello che secondo Richartz non solo danneggerebbe il pianeta ma fungerebbe da “dumping nei confronti degli agricoltori sia Europei che dell’area economica del Mercosur”.
Dello stesso parere dei manifestanti è il sottosegretario all’Ambiente del governo italiano, Giuseppe L’Abbate, in visita a Berlino per il forum sull’agricoltura. “Sul Mercosur ci siamo dichiarati contrari perché un trattato di libero scambio com’era impostato avrebbe portato nel nostro Paese carne proveniente da mercati di cui non conosciamo gli interventi sanitari”. Il trattato prevede la rimozione delle tariffe per i prodotti europei nei settori auto, componenti di automobili, macchinari, prodotti chimici, prodotti farmaceutici, abbigliamento, calzature e tessuti. Inoltre, indebolisce i controlli su prodotti, come la carne, provenienti da paesi in cui sono legali centinaia di pesticidi da noi proibiti e dove gli Ogm possono liberamente circolare.
Protezione del clima, protezione degli animali, combattere la mortalità degli insetti, a cui si aggiungono la fine dell’uso di pesticidi chimici sintetici entro il 2035 e l’aiuto agli agricoltori nella transizione verso un’agricoltura ecologica amica delle api: queste sono le richieste degli agricoltori al governo di Angela Merkel che ha creato una commissione apposita. Ma lo scetticismo tra i manifestanti rimane, proprio nel Paese in cui ha sede la più grande azienda chimica al mondo, la Bayer. “Il governo favorisce i grandi gruppi agrochimici e dell’agricoltura industriale – sostiene Reinhild Benning, dell’associazione GermanWatch – mettendo a rischio l’esistenza stessa degli agricoltori, della trasparenza e dell’alimentazione sana.”