Vito Mastrorocco, pugliese, è arrivato ad Amsterdam per la prima volta nel 2013 per scrivere la tesi dopo cinque anni di università in Italia. Ora, a 33 anni, si occupa di fiscalità internazionale e lavora in un grande gruppo bancario. Della sua terra gli mancano gli affetti, il sole e il mare, ma è felice di essersi lasciato alle spalle "la normalizzazione della corruzione, che in Italia sembra normale trovare ovunque ci sia business”
Ad Amsterdam, se non parcheggi le bici nelle rastrelliere, te le sequestrano. Lo fa il Comune, che le ammassa in un parco fuori città: una distesa tutta a due ruote, di cui è impossibile trovare la fine. Quando Vito Mastrorocco se l’è vista davanti, ha perso le speranze: “Ero in Olanda da poco e ancora non avevo capito alcune regole della città, come i posteggi delle bici. Me ne hanno sequestrate due in dieci giorni”, ricorda. Al parco era andato per recuperarle, sapendo che avrebbe dovuto pagare prima una multa. Ma trovarle, nella miriade di biciclette che aveva sotto gli occhi, sembrava a dir poco inverosimile. Invece, alla reception – “perché c’era anche una reception”- gli hanno dimostrato che erano schedate e fotografate. “Hanno trovato le mie in pochi minuti. Ho pagato 15 euro per bici e sono andato via, con entrambe”. Soprattutto, ha imparato a parcheggiarle nel modo giusto.
Vito è arrivato ad Amsterdam per la prima volta nel 2013 per scrivere la tesi dopo cinque anni di università in Italia. Ora, a 33 anni, si occupa di fiscalità internazionale e lavora in un grande gruppo bancario olandese. È partito dalla provincia di Bari e qualche anno prima aveva già fatto le valigie per andare in Erasmus a Stettino, in Polonia. “Il primo periodo in Olanda finì molto bene: ho conosciuto quella che adesso è mia moglie”, ricorda. Finita la ricerca torna in Puglia, dove rimane un anno, si laurea, e riparte: direzione sempre nord, sempre Paesi Bassi. Per i primi sette mesi pur di mantenersi fa di tutto: cameriere, pizzaiolo, lavapiatti. Intanto, cerca lavoro. Lo trova in una società giapponese che si occupa di fiscalità e finanza, dove resterà per quattro anni. “È stato il primo impatto con un ambiente di lavoro fortemente internazionale. Ero un italiano, trasferito in Olanda, che lavorava per giapponesi”.
Alle spalle ha un praticantato in Italia, a Bari, non pagato. “Non sono l’unico, lo so, capita a molti di non ricevere neanche un rimborso spese. In Olanda invece una cosa del genere non è possibile: se lavori, uno stipendio c’è sempre”. A colpirlo sono soprattutto lo spirito di collaborazione e la cortesia dei suoi colleghi, dai quali si sente accolto. Succede la stessa cosa nel 2018, quando passa al gruppo bancario olandese: qui lo seguono nella sua crescita professionale. Ora il lavoro lo porta in giro per l’Europa. Ma, dice, non è come viaggiare: un aereo la mattina, l’arrivo in ufficio, e un altro volo la sera per tornare a casa. E l’Italia? “Ci torno circa quattro volte all’anno, cerco di fermarmi soprattutto in estate. Della mia Puglia mi mancano il sole e il mare”. Si è invece lasciato volentieri alle spalle quelli che considera i due problemi del Belpaese: “La cattiva politica e soprattutto la normalizzazione della corruzione. Ormai sembra ovvio trovarla ovunque ci sia business”.
Vale la pena allora stare in Olanda, dice Vito, anche se con le amicizie non è sempre facile: mentre sul lavoro gli olandesi accolgono gli stranieri a braccia aperte, in ambito relazionale tendono a mantenere le distanze. Ma non si sente solo, perché “il bello di Amsterdam è che ti fa conoscere tante culture, tante vite. È un centro internazionale che ti mette a contatto con il resto del mondo, basta essere un po’ curiosi”. Ma, tornando alle due ruote, le bici le rubano anche lì? “Certo che le rubano – ride Vito – poi le rivendono: capita che il proprietario se le ritrovi al mercato nero”. E poi c’è la leggenda, che tanto leggenda non è: “Ci sono più bici nei canali che nelle strade”.