Il vigile urbano di Sanremo che timbrava in mutande e poi tornava a casa è stato assolto. Con lui sono altre nove le persone scagionate nel processo con rito abbreviato dal giudice per l’udienza preliminare Paolo Luppi. L’uomo, Alberto Muraglia, era finito sotto inchiesta nell’indagine della Guardia di Finanza sui furbetti del cartellino: la sua foto in slip era diventata il simbolo dell’inchiesta che aveva travolto il comune ligure. Il procedimento, dopo quattro anni, ha portato anche a 16 rinvii a giudizio e altrettanti patteggiamenti. Tra le accuse quella di truffa ai danni dello Stato.
La vicenda aveva fatto discutere per mesi. L’allora premier Matteo Renzi aveva detto: “Questa è gente da licenziare in 48 ore. È una questione di dignità”. All’epoca il comune era stato di fatto occupato e bloccato per giorni per i sequestri di documentazione. Circa 35 erano stati i dipendenti arrestati e 71 i denunciati il 22 ottobre del 2015. Quello che aveva suscitato sconcerto nell’opinione pubblica era proprio l’apparente diffusione di abitudini illecite fra il personale senza un controllo gerarchico.
Nelle settimane successive al blitz della Guardia di Finanza il segretario generale, su indicazione del sindaco Alberto Biancheri, aveva avviato procedimenti disciplinari interni che si erano conclusi con numerose sanzioni e alcuni licenziamenti. Ma ora dieci dei presunti furbetti del cartellino sono stati assolti. Anche se è probabile che la procura di Imperia presenti ricorso, con l’assoluzione potrebbe aprirsi la strada per una richiesta di reintegro.
Secondo Alessandro Moroni, avvocato difensore di Muraglia, quest’ultimo doveva timbrare dopo aver aperto il mercato e in abiti borghesi. Il vigile urbano, nominato custode del mercato ortofrutticolo, si svegliava alle 5.30 per aprire i cancelli e prendeva servizio alle 6. Un compito che svolgeva in cambio dell’alloggio a titolo gratuito nello stabile del mercato. Dopo aver aperto i cancelli, ricostruisce il suo avvocato, Muraglia guardava che non ci fossero auto parcheggiate male che potessero impedire l’installazione dei banchi. Quindi, timbrava, sempre in abiti borghesi – nella timbratrice del mercato, a pochi metri dalla porta di casa – e rientrava in alloggio per indossare la divisa.
“È come avviene per tutti gli agenti che devono prendere servizio – dice il legale – che entrano, timbrano in borghese, poi si cambiano”. In quattro occasioni Muraglia salì in casa dopo aver aperto il mercato e si cambiò, ma dimenticò di timbrare il cartellino. Per questo motivo, scese alla timbratrice in mutande o mandò la figlia a timbrare.
Sempre per l’avvocato Alessandro Moroni “è il momento di spegnere i riflettori e lasciare che questa vicenda torni a essere come tutti gli altri processi. Il vaglio di questi filmati ha detto che erano innocenti”. Dopo la lettura della sentenza di assoluzione è esplosa la rabbia di una delle donne assolte: “Andate aff…, mi avete rovinato la vita”, ha gridato uscita dall’aula delle udienze.
Per il procuratore aggiunto Grazia Pradella “per quanto riguarda gli abbreviati leggeremo con attenzione le motivazioni e decideremo il da farsi anche perché su queste posizioni vi erano prove che la procura ha considerato importanti e di spessore. Valuteremo con estrema serietà, così come con estrema serietà sono state considerate le prove fotografiche e documentali”. La data di inizio del processo, per chi ha scelto il rito ordinario, è stata fissata al prossimo 8 giugno.