Il magistrato, che all'epoca era in servizio alla procura di Caltanissetta, si sarebbe potuto avvalere della facoltà di non rispondere in quanto indagato di calunnia aggravata insieme alla collega Anna Palma, nel procedimento connesso a quello nisseno, aperto a Messina.
Sulla strage di via d’Amelio non indagò solo la procura di Caltanissetta e i poliziotti di Arnaldo La Barbera. No, c’erano anche Bruno Contrada, il Sisde, ma pure l’Fbi e persino il Bundeskriminalamt tedesco. A raccontarlo è stato l’attuale procuratore aggiunto di Catania, Carmelo Petralia, all’epoca dei fatti tra i pm che a Caltanissetta indagarono sull’autobomba che il 19 luglio del 1992 uccise Paolo Borsellino e cinque uomini della scorta. “Mi spiace dirlo ma la presenza di Bruno Contrada negli uffici della Procura di Caltanissetta” dopo le stragi mafiose del 1992 “mi evocava qualcosa di sinistro“, ha detto Petralia, deponendo al processo per il depistaggio Borsellino a Caltanissetta. Alla sbarra ci sono tre poliziotti, Fabrizio Mattei, Mario Bo e Michele Ribaudo, i funzionari di polizia che facevano parte del pool di investigatori che condusse l’inchiesta. Petralia, che non ha dato il consenso alle riprese, si sarebbe potuto avvalere della facoltà di non rispondere in quanto indagato di calunnia aggravata insieme alla collega Anna Palma, nel procedimento connesso a quello nisseno, aperto a Messina. Palma è stata sentita alla scorsa udienza.
Al pm Stefano Luciani ha raccontato le indagini a cui ha partecipato del periodo post stragi dell’estate del 1992: “Oggi è relativamente facile cogliere le criticità di quell’indagine. Ma allora c’erano i poliziotti che portavano elementi che avevano suscettibilità di sviluppo investigativo. Loro ci credevano e io non avevo gli strumenti per sospettare una malafede”, ha spiegato Petralia. Sottolineando che dopo le stragi mafiose del 1992 “l’Italia è stata molto scossa”. Ecco perché alle indagini parteciparono anche investigatori da altri paesi. “In ufficio c’era mezzo mondo ogni giorno. Tra questi c’erano l’Fbi e anche il Bundeskriminalamt tedesco. Mancava solo il Mossad…”. Ad aiutare gli investigatori non erano solo americani e tedeschi. “C’è stato un concorso di contributi incredibile – ha aggiunto Petralia – c’era anche la presenza di appartenenti al Sisde, che si concentrava in una venuta di funzionari, tra cui Bruno Contrada. Io lo vidi per la prima volta e mi colpì la sua faccia”. Cioè il superpoliziotto che nel dicembre del 1992 venne arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il magistrato ha ricordato di un pranzo all’hotel San Michele con magistrati e funzionari e tra i presenti c’era anche Contrada: notizia di quel pranzo era stata data dal fattoquotidiano.it nel 2018. Alla domanda del pm se Petralia fosse a conoscenza di indagini su Contrada da parte della Procura di Palermo, dice: “No“. Però poi aggiunge: “La sua presenza mi evocava qualcosa di sinistro”. Perché “mi riferivano del rapporto di scarsa stima che Giovanni Falcone aveva nei confronti di Contrada“.
Alla domanda se l’allora procuratore di Caltanissetta avesse “rapporti diretti” con Contrada Contrada Petralia risponde: “Non posso dire che Tinebra li avesse ma il primo contatto era certamente con il procuratore capo”. Però poi dopo che il pm Luciani legge in aula una serie di appuntamenti di Contrada con gli inquirenti nisseno estratti dalla agenda di Contrada, aggiunge: “Il rapporto del Sisde da parte dei magistrati, e ci metto oltre me anche Ilda Boccassini e Fausto Cardella, non c’era. Se questo rapporto c’è stato, come i dati estratti dall’agenda lo attestano, era un rapporto cn il Procuratore capo”, cioè Giovanni Tinebra.