Economia

Disuguaglianze, Oxfam: “2.153 super ricchi possiedono quanto altri 4,6 miliardi di persone. Mentre il 50% più povero ha meno dell’1%”

Come ogni anno, alla vigilia del World Economic Forum di Davos la ong fotografa la distribuzione della ricchezza e dei privilegi nel mondo. In Italia a metà 2019 il 20% più ricco deteneva quasi il 70% della ricchezza nazionale: situazione peggiorata nell'ultimo decennio, che ha visto il divario allargarsi progressivamente. “E' la storia di due estremi", commenta Elisa Bacciotti, direttrice delle Campagne di Oxfam Italia

Crescono ancora le disuguaglianze globali. Un’élite di 2.153 Paperoni detiene una ricchezza superiore al patrimonio di 4,6 miliardi di persone, mentre alla metà più povera della popolazione resta meno dell’1%. E il patrimonio delle 22 persone più facoltose supera la ricchezza di tutte le donne del continente africano. È la fotografia contenuta nel nuovo report diffuso come ogni anno da Oxfam alla vigilia del meeting annuale del World Economic Forum a Davos. Secondo la ong la ricchezza globale, in crescita tra giugno 2018 e giugno 2019, resta fortemente concentrata al vertice della piramide distributiva: l’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva a metà 2019 più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone. Ribaltando la prospettiva, la quota di ricchezza della metà più povera dell’umanità – circa 3,8 miliardi di persone – non sfiorava nemmeno l’1%.

Se le distanze tra i livelli medi di ricchezza dei Paesi si assottigliano, la disuguaglianza di ricchezza cresce all’interno di molti Stati. In un mondo in cui il 46% di persone vive con meno di 5,50 dollari al giorno, restano forti le disparità nella distribuzione dei redditi. Con un reddito medio da lavoro pari a 22 dollari al mese nel 2017, un lavoratore collocato nel 10% con retribuzioni più basse avrebbe dovuto lavorare quasi tre secoli e mezzo per raggiungere la retribuzione annuale media di un lavoratore del top-10% globale. Poi c’è il lavoro di cura non retribuito, che vale oggi tre volte il mercato globale di beni e servizi tecnologici e impedisce al 42% delle donne nel mondo di avere un impiego. In Italia, la quota del reddito da lavoro del 10% dei lavoratori con retribuzioni più elevate (pari a quasi il 30% del reddito da lavoro totale) superava complessivamente quella della metà dei lavoratori italiani con retribuzioni più basse (25,82%).

Quanto alle grandi ricchezze, rielaborando dati e metodologie utilizzati da Credit Suisse per il suo Global Wealth Report la ong arriva alla conclusione che a metà 2019 il 20% più ricco deteneva quasi il 70% della ricchezza nazionale e al 60% più povero restava appena il 13,3% della ricchezza nazionale. La posizione patrimoniale netta dell’1% più ricco (che detiene il 22% della ricchezza nazionale) vale 17 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. E la situazione nel tempo è andata peggiorando: tra l’inizio del nuovo millennio e il primo semestre del 2019, le quote di ricchezza nazionale netta detenute dal 10% più ricco dei connazionali e dalla metà più povera della popolazione italiana hanno mostrato un andamento divergente. La quota di ricchezza detenuta dal 10% più ricco è cresciuta del 7,6% mentre quella in mano alla metà più povera degli italiani è lentamente e costantemente scesa (ad eccezione di un lieve “recupero” nel periodo 2017-2019), riducendosi complessivamente negli ultimi 20 anni del 36,6%.

In aggiunta, Oxfam ribadisce come questa situazione tenda a persistere perché nella Penisola l’ascensore sociale è fermo. Secondo un recente studio di Francesco Bloise, il 32% dei figli di genitori più poveri, sotto il profilo patrimoniale, è destinato a rimanere fermo al piano più basso, quello in cui si colloca il 20% più povero della popolazione, mentre il 58% di quelli i cui genitori appartengono al 40% più ricco manterrà una posizione apicale. Del resto, “per i discendenti del 10% più povero ci vorrebbero cinque generazioni per arrivare a percepire il reddito medio nazionale“. E’ così che “le diseguaglianze si perpetuano” da una generazione all’altra. Oggi in Italia il 30% dei giovani occupati guadagna meno di 800 euro al mese e il 13% degli under 29 versa in condizione di povertà lavorativa. I 15-29enni in particolare “mostrano un trend costante di riduzione delle retribuzioni annue medie e più marcato rispetto alle classi dei lavoratori in età tra i 30 e i 49 anni e gli over 50. Un trend che ha visto, fatta 100 la media dei redditi sulla popolazione in un dato anno, i redditi dei giovani ridursi da 76.3 del 1975 a 60 del 2010 per calare ancora a 55.2 nel 2017″.

“Il rapporto è la storia di due estremi”, commenta Elisa Bacciotti, direttrice delle Campagne di Oxfam Italia. “Dei pochi che vedono le proprie fortune e il potere economico consolidarsi, e dei milioni di persone che non vedono adeguatamente ricompensati i propri sforzi e non beneficiano della crescita che da tempo è tutto fuorché inclusiva. Abbiamo voluto rimettere al centro la dignità del lavoro, poco tutelato e scarsamente retribuito, frammentato o persino non riconosciuto né contabilizzato, come quello di cura, per ridarle il giusto valore”. .