“Stiamo parlando di un provvedimento statale che invade la competenza che la Costituzione ci attribuisce. Una scelta grave che rappresenta un ostacolo allo sviluppo del territorio. Il Comelico, come tutta l’area dolomitica, in vista dei prossimi importanti eventi sportivi, dai mondiali di sci del 2021 fino alle Olimpiadi del 2026, ha di fronte opportunità enormi. La scelta dei vincoli le limita molto e noi vogliamo impedire che ciò accada, battagliando perché vengano tolti”. Luca Zaia non riesce proprio ad accettare i vincoli che il Ministero dei Beni e le attività culturali e per il turismo ha posto all’area alpina compresa tra il Comelico e la val d’Ansiei, agli inizi di dicembre.
“Le condizioni di particolarità e originalità orografica e geografica che contraddistinguono tale ambito non dipendono esclusivamente dalla presenza di singoli episodi di pregio estetico-percettivo, quanto da una serie di sistemi di espressione minuta che tra loro sommati conferiscono all’ambito di riferimento un aspetto unitario e uno spiccato carattere d’identità, di notevole interesse pubblico”. La motivazione del provvedimento chiara oltre misura. Fino ad essere incontrovertibile. Ma non per il Presidente della Regione Veneto e neppure per gli amministratori dei territori interessati dal provvedimento. “Abbiamo dato mandato alla nostra avvocatura di ricorrere non solo al Tar, come faranno i Comuni e gli altri coinvolti, ma anche alla Corte Costituzionale per difendere i diritti del territorio del Comelico a realizzare il collegamento con la val Pusteria. Siamo pronti a battagliare e arriveremo fino in fondo”, ha detto Zaia.
Già, perché, i vincoli del Mibact non sono soltanto un contrasto ad un utilizzo scriteriato della montagna, come sostengono le associazioni ambientaliste. Costituiscono il possibile impedimento alla realizzazione di un’opera che molti in Veneto considerano imprescindibile: il collegamento tra Padola e Sesto, in Val Pusteria, nella provincia di Bolzano. Collegamento sciistico, s’intende. Il quale costituisce la continuazione di un progetto più ambizioso, che intende collegare le piste di Monte Elmo, in Alta Pusteria, con Padola e poi con l’Austria. Il primo tratto, fino a passo Monte Croce, è stato realizzato quattro anni fa. Più avanti si collegherà Padola all’area sciistica sul confine austriaco, in Ost Tirol. Ma ora si vorrebbe completare la seconda tranche del progetto, per la quale saranno necessari 38,5 milioni di euro, di cui 26 finanziati dalla Provincia di Bolzano, attraverso fondi Ue per i Comuni Confinanti, e uno dal Comune di Comelico.
Al resto provvederà l’imprenditore pusterese Helmuth Senfter, che agli inizi del 2018 ha venduto la Senfter Holding, produttrice di salumi, wurstel, speck, senapi, avendo deciso di investire nell’immobiliare, nella viabilità e, appunto, nel turismo. L’idea è della società “Drei Zinnen Dolomites”, che nel gennaio 2017 incarica lo studio Plan Team di Bolzano di realizzare uno studio di fattibilità per un progetto di valorizzazione sciistica dei pendii della valle del Comelico, per collegare alcuni impianti di risalita del versante veneto con la rete degli impianti sciistici della provincia di Bolzano. Il progetto prevede due nuovi impianti di risalita in territorio bellunese: una cabinovia, da Campotrondo in Valgrande fino alla Cima dei Colesei e una seggiovia, da Campotrondo verso il Col d’la Tendla. In aggiunta tre nuove piste. Previsto anche un ampio bacino per l’innevamento artificiale, nei pressi di Bagni di Valgrande, in prossimità delle sorgenti sulfuree.
Un progetto che però fa discutere e divide: le Amministrazioni Comunali di Padola e di altre comunità del Comelico lo sostengono dal 2017, sono convinte che favorirà lo sviluppo dei loro territori. Così nel 2018 la giunta provinciale di Bolzano ha approvato anche gli interventi integrativi al progetto di fattibilità, al contrario della Giunta provinciale di Belluno che lo ha valutato come “non sostenibile”.
Perplessità ha espresso da subito Mountain Wilderness. Per l’organizzazione che contrasta la progressiva degradazione delle montagne, le conseguenze ambientali che questo progetto comporterebbe anche sul versante veneto sarebbero di non poco conto. Come riportato nel Rapporto Ambientale del Piano Regionale Neve della Regione Veneto, le nuove piste da sci e i nuovi impianti intersecherebbero aree di notevolissimo e documentato pregio naturalistico e ambientale. Si attraverserebbero Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale, andando “ad incidere nel cuore delle aree Dolomiti Unesco della Croda Rossa”. Senza contare che la “nuova rete di impianti si situa fra i 1600 e i 1200 metri di quota, una fascia climatica che ormai non riesce più a mantenere attività sciistiche, a causa dei cambiamenti climatici in atto”. Assolutamente contrari anche Italia Nostra, WWF, ProNatura e Legambiente.
Di parere opposto la gran parte degli amministratori, dall’ambito locale a quello europeo. Senza distinzione di schieramento. Luca De Carlo, deputato di Fdi, ad aprile, chiedeva alle forze politiche di impegnarsi “per quella che per la gente di lassù è questione di sopravvivenza”. “Chiedo l’attenzione del governo per un’opera completamente finanziata e in grado di rivitalizzare un territorio la cui piaga principale si chiama spopolamento”, ha sostenuto a giugno il deputato Pd, Roger De Menech. “Il Movimento 5 Stelle si è sempre espresso a favore dell’opera”, ha scritto su Facebook il deputato del M5s Federico D’Incà a marzo. Insomma, quasi tutti concordi. Con l’aggiunta di Confindustria Belluno Dolomiti e di un testimonial importante come Reinhold Messner. A questo fronte appartengono anche le popolazioni locali, che in diverse occasioni hanno manifestato a favore del collegamento, “unico mezzo contro lo spopolamento in corso”. Sit-in, incontri e raduni, nei comuni del Comelico, a Venezia, di fronte agli uffici della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e per le Province di Belluno, Padova e Treviso e poi anche a Roma, davanti alla sede del Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il turismo.
Già, la Soprintendenza e il Mibact. Perché da loro dipende la realizzazione del collegamento. La Soprintendenza ha espresso più di una volta parere negativo, tra il 2015 e il 2017, anche dopo che il progetto è stato modificato dai proponenti. Pareri che hanno mandato su tutte le furie l’assessore all’ambiente della Regione del Veneto, il leghista Gianpaolo Bottacin e l’europarlamentare altoatesino Herbert Dorfmann, della Südtiroler Volkspartei. Ma si sperava che gli ostacoli potessero essere superati. Almeno fino a dicembre quando il Mibact ha imposto i vincoli. “La realizzazione di nuovi tracciati di piste da sci, impianti di risalita e stazioni di monte e di valle sarà consentita qualora non comprometta aree ad elevata integrità naturalistica, ambientale ed ecosistemica”, si legge tra le prescrizioni al Decreto del Ministero. Qualcosa di più che una contrarietà alla realizzazione del progettato collegamento.
Ma la battaglia non è finita anche perché la febbre per le olimpiadi invernali del 2026, che avranno a Cortina una delle due sedi designate, non lascia presagire nulla di buono. Non solo per gli ambientalisti contrari all’opera. Ma anche per chi ama le Dolomiti. Per quel che sono.