Candidati alle regionali in crisi di identità in Emilia-Romagna. Nella granitica regione che Vasco Errani governò per tre mandati, i cambi di casacca abbondano, in un tourbillon di spostamenti tra partiti. Non mancano condannati, e protagonisti di furiose polemiche. Partiamo dai cambi di fronte. A Modena Stefano Bonaccini schiera l’ex grillino Piergiorgio Rebecchi, per anni referente cittadino dei pentastellati, considerato “il Casaleggio” dell’Emilia-Romagna. Nella sue liste anche Marco Fabbri, sindaco di Comacchio ed ex M5s, espulso nel 2014 da Grillo con un post sul Blog delle Stelle. Nella lista dei Verdi, che appoggia il presidente della Regione, c’è anche Gianluca Sassi, il consigliere regionale (mai dimesso) sbattuto fuori dal Movimento perché non ha versato i rimborsi degli eletti al fondo del microcredito, come da regolamento grillino. Nella lista di Bonaccini fa capolino un’altra ex M5s, Mara Mucci, eletta in Parlamento con il Movimento, e ora candidata di punta di Carlo Calenda.
Ma a riempire le file del governatore ci sono anche transfughi degli altri partiti. Un nome su tutti è quello di Roberto Pasquali. Nel Carroccio era considerato una sorta di supereroe, perché nel comune di cui è sindaco, Bobbio, ha portato la Lega dal 10 al 44%. Ma le cose cambiano e Pasquali ha mollato la Lega nel 2017, lo scorso anno è stato riconfermato sindaco con un plebiscito dell’87% e ora è il capolista della lista di Bonaccini a Piacenza. C’è poi Giuliano Cazzola, capolista per ‘Più Europa’ di Emma Bonino, lista che appoggia Bonaccini. Cazzola, già berlusconiano ed ex parlamentare Pdl, in campagna elettorale ha definito la candidata presidente del centrodestra Lucia Borgonzoni “un’offesa per gli emiliani, come la scelta di Caligola di fare senatore il suo cavallo”. Una frase stigmatizzata dagli stessi Bonino e Bonaccini e a cui la senatrice del Carroccio ha risposto chiamandolo “noto voltagabbana”.
Una candidatura inattesa nel listino del presidente Bonaccini – che ha creato molte polemiche – è anche quella dell’imprenditore Carlo Fagioli. Prima ha avuto contatti con la Lega. Poi – lui dice perché non convinto del loro programma; Borgonzoni perché il Carroccio non lo voleva – si è avvicinato al centrosinistra. Ma quello che ha indignato molti dem e, soprattutto, i compagni di coalizione di Emilia-Romagna Coraggiosa (a portare alla luce il fatto un suo candidato, l’ex segretario Fiom di Reggio Emilia, Sergio Guaitolini) è ciò che raccontano le cronache del 2011. L’azienda di famiglia di Fagioli, la Snatt di cui lui stesso è ai vertici, tagliò un appalto a una coop di facchinaggio, la Gfe, perché aveva migliorato le condizioni di lavoro dei facchini, pagati 5 euro l’ora, applicando il contratto nazionale: 500 lavoratori indiani furono licenziati con una comunicazione via sms. Ci furono manifestazioni per mesi, una durissima battaglia sindacale e uno sciopero della fame. Alla fine la Snatt creò due nuove cooperative in cui vennero assunti solo gli ex lavoratori della Gfe che accettarono di lavorare a paghe ribassate. Fagioli si è difeso facendo presente di aver rispettato la legge. Se nelle liste che sostengono Bonaccini sono arrivati molti volti nuovi, ci sono anche quelli degli “inossidabili”. Come Roberta Mori, presidente della commissione Parità in Assemblea Legislativa e Antonio Mumolo, presidente della onlus Avvocato di Strada che assiste gratis i senzatetto: consiglieri regionali per due mandati di seguito, hanno ottenuto dal Pd una deroga allo Statuto per correre per la terza volta in queste regionali.
Il balletto da un partito all’altro interessa anche il centrodestra, dove si assiste anche a una consistente migrazione interna, in occasione della corsa alle regionali. Il più ‘dinamico’ è l’avvocato Michele Facci. Già ex An, ha militato in FI, nel Movimento Sovranista e, negli ultimi mesi, prima in FdI e poi nella Lega, per la quale corre. Poi c’è Ilaria Giorgetti, cognata di Pierferdinando Casini, che da FI è passata al Carroccio. Nuovi arrivi anche in FdI. Come quello della modenese Isabella Bertolini, ex deputata e consigliera regionale di FI, e di Marco Lisei, consigliere comunale a Bologna degli azzurri fino a pochi mesi fa. Ma Lisei è salito alla ribalta delle cronache, nel novembre scorso, per un altro motivo: Ha realizzato un video – che molto ha indignato – in cui mostrava i nomi dei residenti stranieri sui citofoni delle case popolari di Bologna, per dimostrare che è a loro che vengono assegnate in gran parte. Tesi peraltro smentita dai dati forniti dal Comune. Il video, postato su facebook e poi rimosso, è stato acquisito dalla Digos, stigmatizzato dal Governo “in quanto alimenta fenomeni di intolleranza”, dopo un’interrogazione del Pd che ha denunciato la “schedatura” degli stranieri, e segnalato al Garante della privacy per iniziativa dell’avvocato Cathy La Torre. Per ora non è stata aperta alcuna indagine in merito. Lisei ha realizzato il video insieme al parlamentare Galeazzo Bignami, ex forzista molto vicino a Giorgia Meloni: i due sono entrati contemporaneamente in Fratelli d’Italia.
Sono stati invece indagati e condannati, in passato, due candidati della coalizione di Borgonzoni. Uno è il celebre critico d’arte Vittorio Sgarbi, capolista di FI, che ha subito una condanna definitiva per truffa ai danni dello Stato (assenteismo alla Soprintendenza) e una, in primo grado, per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. L’altro è Fabio Rainieri, vicepresidente uscente dell’Assemblea Legislativa e uomo di punta del Carroccio. Nel 2015 è stato condannato a un anno e tre mesi di reclusione e al pagamento di un risarcimento di 150mila euro per “diffamazione aggravata dalla discriminazione razziale”. Ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un’immagine in cui l’allora ministro del Pd di origini congolesi, Cécile Kyenge, veniva rappresentata con il volto da scimmia. Al momento della sentenza, ricevette il supporto del segretario leghista Matteo Salvini. Tra i nomi noti alla cronaca anche quello del reggiano Antonio Margini che denunciò i servizi sociali dopo l’affidamento dei figli alla ex moglie, ora convivente con un’altra donna. Il suo nome è accostato all’inchiesta ‘Angeli e Demoni’: “Mi viene detto che io non posso vedere da solo i miei figli perché sono sospetto di essere un omofobo” – aveva raccontato ad Atreju – così l’uomo registra gli incontri con gli assistenti sociali “e quando sono arrivato a 7,8 pen drive le ho portate in procura e di fatto si è creato il la per l’inchiesta”. E’ candidato con FdI.