“Vedi che mio nipote dice se gli offri un caffè”. Inizia così, sull’asse Catania-Mazara del Vallo, uno dei tanti approcci che il clan mafioso dei Mazzei ha avuto nei confronti dei gestori del deposito di carburanti del Trapanese Pinta Zottolo. A parlare sono due degli intermediari finiti sotto la lente d’ingrandimento della Dda di Catania che, questa mattina, ha ottenuto dal tribunale l’arresto di 15 persone, nell’ambito di un’inchiesta che ha acceso i riflettori sugli interessi della criminalità organizzata nel settore del commercio di gasolio. Affari milionari resi possibili grazie a un rodato sistema di frodi che garantiva la possibilità di sottrarre le società al pagamento di accise e Iva.
Al centro del business, secondo gli inquirenti, il 41enne Sergio Leonardi, imprenditore affermatosi nel settore grazie alla parentela eccellente che lo lega alla famiglia mafiosa degli Sciuto Tigna. L’uomo, infatti, ha preso in moglie la figlia del boss Pippo. Nel 2016, Leonardi, per il tramite dello zio acquisito Carmelo Munzone, a sua volta uomo di fiducia del boss dei Mazzei Angelo Privitera, più volte è entrato in contatto con gli imprenditori titolari del deposito fiscale Pinta Zottolo, per commercializzare gasolio per automobili e camion acquistandolo come gasolio verde, ovvero quello destinato a uso agricolo e per questo beneficiario di regimi fiscali agevolati. A partire dall’Iva al 10 per cento, anziché al 22.
Stando a quanto sostenuto dal pentito Salvatore Messina, l’odore pungente del carburante ha stuzzicato l’olfatto dell’imprenditore catanese quando non ancora 30enne. “Leonardi fa affari con il gasolio dal 2007″ ha fatto mettere a verbale il collaboratore di giustizia. Nel 2016, come detto, la principale fonte d’approvvigionamento di gasolio è stato il deposito gestito dall’imprenditore Salvatore Pinta, grazie anche a Francesco Burzotta, il cui fratello fu legato al boss di Cosa nostra Mariano Agate. Tutto però si è interrotto a fine anno, quando il tribunale di Marsala ha ordinato il sequestro della Pinta Zottolo. Il deposito, di lì a pochi mesi, finirà al centro di un’altra maxi-inchiesta, con il sospetto che possa avere ricevuto pure il gasolio libico di provenienza illecita trattato dai presunti trafficanti maltesi Gordon e Darren Debono, attualmente a processo a Siracusa.
Posti i sigilli al Pinta Zottolo, Leonardi – e dietro di lui il clan Mazzei – a sentire l’accusa si è guardato intorno per cercare come continuare a fare soldi truffando l’erario. È una fase convulsa che vede entrare in gioco anche gli interessi di gruppi d’affari individuati dagli indagati come “i romani” e “i napoletani” – questi ultimi indicati come vicini a un clan di Camorra – e in cui non mancano i momenti di tensione. A finire nel mirino dei catanesi Privitera e Munzone è lo stesso Leonardi. L’uomo è accusato di eccessiva spacconeria a fronte di discutibili capacità imprenditoriali. “Si sta vedendo Gomorra, se lo vede dieci volte, a tipo che lui è Savastano. Hai capito?”, dice Munzone lamentando le mancanze del nipote.
In questa storia fatta di falsi documenti d’accompagnamento, prestanome, società fittizie e timbri doganali taroccati, c’è spazio anche per l’estero. Per chi indaga, infatti, il gruppo ha fatto affari importando di contrabbando gasolio da fuori l’Italia, senza però possedere i requisiti per immetterlo nel mercato italiano. Il Gico della guardia di finanza, per esempio, ha scoperto che nel 2017 Leonardi ha acquistato, dalle società britanniche Dava Trans Limited e Mic Transport Limited e dalla ceca Akcenta, ingenti quantità di gasolio che, dopo essere passate solo formalmente da una società cartiera, venivano caricate sulla reale impresa destinataria, la Lubricarbo. Il carburante, in questo caso, è stato pagato con una sfilza di bonifici esteri, anche al ritmo di tre al giorno, per un ammontare complessivo di oltre 12 milioni di euro nel giro di una manciata di mesi. “Di tali transazioni non si rinveniva traccia alcuna nella contabilità istituita – scrive la giudice per le indagini preliminari Marina Rizza – Ciò confermava come gli approvvigionamenti di gasolio fossero in realtà illeciti in quanto sottratti al pagamento dell’accisa e dell’Iva”.
di Simone Olivelli