Un gruppo di ricercatori statunitensi ha creato microorganismi artificiali manipolando embrioni della rana sudafricana Xenopus laevis. Questi organismi sono stati chiamati “xenobot” (dalle parole Xenopus e robot) e hanno dimensioni nell’ordine del millimetro. Sono incapaci di riprodursi e sono costituiti di pochi tessuti che in pratica non formano veri organi; ciononostante in un ambiente liquido, anche povero di nutrienti, sopravvivono per diversi giorni e possono svolgere semplici funzioni motorie.
I ricercatori che hanno sviluppato questi robot biologici hanno immaginato che essi possano svolgere compiti biotecnologici quali veicolare farmaci o effettuare la rimozione di inquinanti dall’ambiente, ma la tecnologia produttiva attuale suggerisce di prendere queste ipotesi applicativa con grande scetticismo, per due ragioni principali.
1. In primo luogo la tecnologia produttiva è enormemente costosa in quanto richiede di separare le cellule di embrioni di Xenopus e riassemblarle con procedure di micromanipolazione. Questo significa che gli xenobot vengono prodotti uno per uno da un ricercatore specializzato che manipola sotto il microscopio le cellule o i tessuti prelevati dall’embrione di rana.
Se si considera che questi organismi artificiali hanno dimensioni piccolissime e sopravvivono soltanto per alcuni giorni, si deve concludere che il costo di produzione al momento e con la tecnologia descritta è enorme.
2. In secondo luogo un microorganismo di questo tipo ha una speranza di sopravvivenza estremamente limitata in qualunque ambiente diverso dai mezzi di coltura sterili utilizzati in laboratorio. Nell’ambiente esterno uno xenobot sarebbe rapidamente predato e divorato da qualunque organismo vivente, evoluto attraverso milioni di anni di selezione naturale; se iniettato nel sistema circolatorio di un vivente allo scopo di veicolare farmaci, causerebbe ostruzioni del sistema circolatorio e sarebbe distrutto dalle cellule specializzate nella difesa. Inoltre, per qualunque applicazione medica o veterinaria sarebbe necessario utilizzare cellule embrionali prelevate dallo stesso organismo nel quale il robot biologico dovrebbe poi essere iniettato, per evitare reazioni immunitarie e allergiche.
Al momento appare assai improbabile che gli xenobot possano avere vere applicazioni tecnologiche. Essi rappresentano invece degli strumenti conoscitivi assai importanti per testare sul campo molte ipotesi sull’interazione tra cellule o tessuti e sull’auto-organizzazione strutturale dei sistemi biologici.
Già all’origine degli xenobot c’è una raffinata analisi computazionale sulle forme e dimensioni più efficaci, e quindi la loro realizzazione è il test della capacità predittiva dei modelli usati. Inoltre, sebbene sia possibile da tempo organizzare la crescita cellulare in vitro su supporti non biologici producendo sistemi che possono mimare parzialmente il funzionamento di alcuni organi, lo xenobot è realizzato in assenza di supporti meccanici esterni, per semplice modellamento meccanico di tessuti embrionali; ed è possibile immaginare nel prossimo futuro la costruzione di xenobot mediante modellamento idrodinamico di masse cellulari, un processo che potrebbe aver avuto un ruolo nell’origine della vita pluricellulare.