La piazza più grande del mondo è in crisi, se di crisi si può parlare considerando i quasi 26 milioni di immatricolazioni dello scorso anno. Le cause vanno ricercate nei mancati investimenti in ricerca e sviluppo e nei tagli agli incentivi per le vetture meno inquinanti, la qual cosa non agevola il rinnovamento del parco circolante. Un'ancora di salvezza potrebbe venire da misure di sostegno ai consumi e dalle (future) vendite di veicoli elettrificati
Chissà se il “cessate il fuoco” sui dazi raggiunto fra Usa e Cina non sia stato positivamente influenzato, lato Repubblica Popolare, anche dalle previsioni poco lusinghiere sul mercato dell’auto: quello cinese potrebbe recedere tanto nell’anno da poco iniziato quanto in quello venturo, confermando il calo delle vendite registrato nel 2018 e nel 2019.
Una profezia confermata dal ministro dell’Industria e delle Tecnologie dell’Informazione della Cina, Miao Wei. Quest’ultimo ha precisato come nel 2020 vendite e produzione di automobili raggiungeranno, probabilmente, circa 25 milioni di unità, con un tasso di crescita pari a zero se non lievemente negativo.
Secondo l’Associazione cinese dei Costruttori Automobilistici, lo scorso anno in Cina, il maggior mercato automobilistico mondiale, sono state vendute circa 25,77 milioni di vetture, in calo dell’8,2% su base annua. Una flessione più grave rispetto a quella del 2,8% già rilevata nel 2018 e dovuta alle tensioni commerciali internazionali nonché agli standard di emissioni inquinanti più severi sui mercati occidentali.
Un trend causato, secondo il ministro Miao, da problemi cronici quali la mancanza di contributi a ricerca e sviluppo di tecnologie fondamentali, ai tagli agli incentivi per l’acquisto di veicoli a basso impatto ambientale e, infine, all’assenza di limiti nazionali meno indulgenti sulle emissioni inquinanti delle auto alimentate a benzina, la cui mancanza non favorisce il rinnovamento del parco circolante.
Se non altro un barlume di speranza deriva dalla crescita della produzione automobilistica registrata a novembre a seguito dell’entrata in vigore di nuove politiche a favore dei consumi. Una delle tante iniziative che a Pechino sono pronti a mettere in atto per stimolare il mercato, incoraggiare i costruttori di autoveicoli locali a esplorare i mercati esteri e invogliare quelli occidentali a investire nel colosso asiatico.
Certo è che, per sedurre gli automobilisti del nuovo e del vecchio continente, la Cina dell’auto dovrà fare i conti con un settore alle prese con un cambio di paradigma storico: infatti, secondo BloombergNEF, divisione del colosso dell’informazione economica che si occupa della transizione energetica, il 2020 sarà l’anno in cui si venderanno due milioni e mezzo di veicoli elettrificati (ibridi ed elettrici), il 20% in più rispetto al 2019.
Una crescita promossa soprattutto in Europa, che potrebbe fare un cospicuo salto in avanti e accorciare le distanze sulla Cina, che rimarrebbe comunque il primo per produzione e vendita delle auto a batteria. Due i motivi che suggeriscono l’ipotetico scenario di cui sopra: il primo è che, come scritto poc’anzi, il governo cinese non rinnoverà gli incentivi alle auto a batteria e ciò peserà negativamente sulle immatricolazioni. Il secondo è l’introduzione in Europa, da gennaio, di più severi limiti alle emissioni, che dovrebbe fungere da volano per le vendite di modelli elettrificati.
Quindi, la richiesta per i modelli 100% elettrici potrebbe salire del 60% e portare a quota 800 mila le immatricolazioni 2020 di automobili a batteria. A contribuire al loro successo sarà il prezzo delle batterie a litio – quello medio previsto è di 135 dollari per kilowattora, il 13% più basso rispetto allo scorso anno e ben l’89% in meno rispetto a 10 anni fa – e la diffusione delle infrastrutture di ricarica: le colonnine pubbliche passeranno dalle 880 mila del 2019 agli 1,2 milioni di fine 2020, per effetto dell’impegno congiunto di governi e utilities dell’energia.