C’era stato un piccolo giallo sull’arrivo di Greta Thunberg a Davos, e invece poi è arrivata, con la sua felpa chiara, magrissima, schiva, seria. E il palcoscenico della kermesse ha visto proprio uno scontro tra due filosofie radicalmente opposte. Quella di Greta, appunto, e quella di Donald Trump, anche lui intervenuto al forum svizzero.
Greta ha detto quello che dice da sempre. E cioè che le emissioni di CO2 stanno salendo, e che questo è l’unico problema reale che occorre affrontare. Ha detto, come sempre, che sebbene si parli tantissimo di clima nulla si è ancora fatto davvero, visto che, appunto, i gas serra in atmosfera sono sempre di più. Ha detto che tutti si lamentano dell’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi ma nessuno grida che quell’accordo è stato tradito e ha ricordato, di nuovo, il rapporto Ipcc sull’aumento della temperatura e l’assoluta necessità di tenerla sotto 1,5 gradi o massimo due, pena ulteriori cataclismi. Il suo è un discorso fondato sulla scienza e improntato su una logica ferrea. Un discorso basato sulla ragione, sebbene Greta sia anche una paladina dell’azione.
Dall’altra parte c’è stato il discorso di Trump, che ha parlato di un’America sempre più vigorosa e vitale, soprattutto a livello economico. Ha parlato dell’importanza di essere ottimisti, di godere del benessere in arrivo, di evitare ogni mentalità catastrofista. Come quella degli ambientalisti, profeti di sventura. Mentre lo ascoltavo, ho provato un senso di sconforto. Perché, pensavo, ascoltare il discorso di Trump era senz’altro più piacevole di quello di Greta, persino per me. Perché sentir parlare di ottimismo e prosperità fa stare bene, rilassa. Chi parla di ottimismo è più facilmente creduto, per un motivo molto semplice. Non vogliamo provare né ansia né angoscia, vogliamo stare sereni e dedicarci alle nostre cose.
Pensavo, ascoltandolo, che difficilmente un messaggio come quello di Greta potrà fare presa sulla maggioranza della popolazione statunitense e in generale mondiale. Eppure lei dice la verità, cioè i fatti, cioè ciò che sta accadendo e veramente accadrà mentre Trump, semplicemente, mente. Sta promettendo qualcosa che non c’è, un benessere che non ci sarà, se è vero che pure la finanza è sempre più preoccupata del cambiamento climatico e se è vero che pure a Davos i cinque punti di preoccupazione messi all’ordine del giorno riguardano problemi climatici.
E’ probabile che il 90 per cento di quelli che a Davos hanno ascoltato sia Trump che Greta abbiano finalmente capito che purtroppo, nonostante abbiano sperato fino all’ultimo che avesse torto, lei ha ragione. E questo senz’altro è un motivo di relativa speranza, anche se il problema resta la massa delle persone, che vivono nel presente, senza aver nessuna proiezione neanche sul giorno o la settimana successiva. Avere un senso del tempo e della prospettiva è segno di intelligenza e soprattutto segno di uso della ragione, ma come tutti gli analisti politici sanno alla fine il voto è di pancia. Per questo speriamo in un candidato alla Casa Bianca fortemente carismatico, perché il carisma (negativo) di Trump si può battere unicamente così.
Ovviamente, Greta Thumberg deve – e questo farà – continuare a portare avanti la bandiera della scienza. Ha creato un movimento di giovani enorme, ha creato tantissima azione, dunque la sua “ragione” porta anche entusiasmo, voglia di fare e cambiare le cose. Le altre emozioni che ci servono, perché la gente capisca, le porteranno purtroppo le ulteriori catastrofi naturali che ci aspettano, dopo quella australiana. Perché se la tua casa o il tuo bosco bruciano, se l’aria diventa irrespirabile e tuo figlio si ammala gravemente, allora tornano in ballo le emozioni: dolore, rabbia, paura, terrore. Allora, forse, anche chi fino ad oggi è stato cieco di fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici potrà capire, come si spera stia accadendo nell’opinione pubblica australiana.
L’opinione mondiale cambierà, non c’è dubbio. Probabilmente tra dieci, anzi cinque anni, quando non ci sarà nessuno scettico climatico, solo gente angosciata che chiede azioni di contrasto al cambiamento climatico. Il problema è solo uno: sarà troppo tardi? E’ possibile. Eppure basterebbe poco. Basterebbe usare la ragione. Neanche troppa, giusto un po’.