Cultura

Leopardi recensiva Dante: scoperto un suo articolo inedito nascosto nella Biblioteca Nazionale di Napoli

A scoprire l’articolo rimasto finora nascosto tra i volumi della Biblioteca Nazionale è stato Christian Genetelli, professore ordinario di letteratura e filologia italiane all’Università di Friburgo (Svizzera) e membro del comitato scientifico del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati

di F. Q.

Dalle carte autografe di Giacomo Leopardi (1798-1837) custodite alla Biblioteca Nazionale di Napoli riemerge una sua sconosciuta e inedita recensione di Dante, con ogni probabilità risalente all’autunno del 1816. È un testo compiuto, in bella copia e firmato, ma che il poeta rinunciò a pubblicare. Sconosciuto è peraltro anche l’opuscolo recensito, “L’ombra di Dante“, “visione” in terzine di Giuliano Anniballi, stampata a Loreto nel 1816.

A scoprire l’articolo rimasto finora nascosto tra i volumi della Biblioteca Nazionale è stato Christian Genetelli, professore ordinario di letteratura e filologia italiane all’Università di Friburgo (Svizzera) e membro del comitato scientifico del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati. Ne dà notizia lo studioso in un volumetto in uscita in questi giorni a Milano presso Led-Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto (collana “Palinsesti”) dal titolo “Un’inedita e ignota recensione di Giacomo Leopardi (‘L’Ombra di Dante’)“.

L’autografo leopardiano è un foglio semplice, vergato sul recto e sul verso. Lo studio di Genetelli spiega genesi, particolarità e implicazioni dell’inedito: lo colloca all’interno di una stagione di attività febbrile per Leopardi, fresco di ‘conversione letteraria‘, in cui proprio il nome di Dante assume un posto privilegiato dentro la sua poetica del primitivo. Attenzione, naturalmente, è riservata anche all’involontario co-protagonista, all’autore dell’”Ombra di Dante“, di cui è tracciata l’intera parabola: dai primi passi nella nativa Urbino fino agli anni riminesi della maturità e della vecchiaia, ormai oltre la metà dell’Ottocento, ma inspirando ed espirando sempre fiera aria classicista. La scoperta di questo breve articolo, spiega il professore Christian Genetelli viene così “ad arricchire il corpus delle opere leopardiane non sul versante dell’incompiuto, dell’appunto o dell’abbozzo, ma su quello dei testi finiti, pronti per la stampa, anche se poi rimasti inediti (e tuttavia conservati e portati con sé dall’autore fino a Napoli, fino alla sua ultima dimora)”.

Foto d’archivio: epistola autografa di Giacomo Leopardi

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