Quattro parole sul caso Junior Cally. Ricapitoliamo per i più distratti. Junior Cally è un rapper tra i big in gara al prossimo Festival di Sanremo. Recentemente è nata una polemica sul testo di una sua canzone di qualche anno fa, il brano Strega. Questo è il passo incriminato: “Lei si chiama Gioia, ma beve poi ingoia. Balla mezza nuda, dopo te la dà. Si chiama Gioia perché fa la troia, sì, per la gioia di mamma e papà. Questa frate non sa cosa dice – porca troia –, quanto cazzo chiacchiera? L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa, c’ho rivestito la maschera”.

Ometto di analizzare la validità estetica di questi versi: mi limito a dire che ricalcano il peggio del rap iconico (o della trap), che non produce linguisticamente significato ma lo fa grazie a una serie di trasgressioni e una ferocia facilmente riconoscibili, e facilmente producibili. Come far ridere con rutti e scorregge, ma peggio. Ora: due punti.

1) Fosse questo il testo in gara potrei capire le polemiche. L’atteggiamento censorio sarebbe coerente con l’idea di chi pensa che un brano del genere, cantato lì in prima serata su Rai Uno – senza contestualizzazione e senza un minimo di approccio critico a quelle frasi durissime – possa essere inadeguato all’ascolto di ragazzi meno che adolescenti.

Io personalmente penso che tutto questo non si combatta con la censura, ma con la riflessione. L’Italia sarà un Paese evoluto culturalmente quando una canzone come questa potrà essere cantata in prima serata sulla Rai e trasmesso in radio chissà poi quante volte senza rischi. Adesso non è così, l’Italia è un Paese violento, altro che riflessività, e parole del genere nel nostro contesto risulterebbero drammaticamente credibili, anziché uno dei casi in cui la finzione letteraria travalica il non politicamente corretto. Quindi ci starebbe un netto rifiuto, se questa fosse la canzone in gara. Ma così non è. Quindi davvero stiamo facendo un processo nei confronti di qualcosa che non esiste? Temo di sì.

Addirittura recentemente anche alcuni esponenti del mondo della scuola si sono schierati a favore dell’esclusione del rapper da Sanremo, in particolare una dirigente scolastica della Campania che si è fatta promotrice di una petizione. Mi sembra assurdo. Vorrei dire a questa dirigente: cara Preside, mi inviti nella sua scuola. Compatibilmente con i miei impegni lavorativi, verrei gratis, e spiegherei io il rap e la trap ai suoi ragazzi. Il mondo della scuola non è quello della censura preventiva (e in questo caso ingiustificata), ma della riflessione. Lo dico da insegnante.

2) Il fatto che quel passo sia in una finzione artistica non conta niente? Vediamo questo punto servendoci di Piero Ciampi. “Quel pugno che ti detti è un gesto che non mi perdono, ma il naso ora è diverso: l’ho fatto io e non Dio”: è un passo della sua canzone Ma che buffa che sei. Non si può certamente definire un passo “edificante”. Eppure, a differenza della canzone Strega, il brano di Ciampi non solo è passato in Rai, ma l’artista – a 40 anni dalla sua morte – è considerato dalla stessa Rai “il più poeta” di tutti i cantautori.

“Il più poeta” è un’espressione che non mi piace, ma sull’assoluta grandezza di Piero Ciampi sono totalmente d’accordo, nonostante quella storia del naso rotto. Perché? Perché se guardo Il padrino non mi viene in mente che gli sceneggiatori siano mafiosi. Quando succede qualcosa in un’opera d’arte, io mi chiedo a che serve dentro quel mondo che sta tra l’inizio e la fine del brano.

Quando un’opera d’arte è davvero grande, poi, è legata a doppio filo con la poetica del suo autore, con il non detto, con il macrotesto dei meandri della sua ispirazione. In quel punto Piero Ciampi esprime l’infinita solitudine disperata e cruda di cui è caratterizzata la sua intera produzione, fino a farti toccare con mano l’assurdità della vita in quel gesto di violenza ingiustificata e orrenda.

Così mi avvio alla conclusione, riunendo i punti: Piero Ciampi è un poeta che va spiegato a scuola e passato in Rai? Certo che sì. È giusto temere l’emulazione, soprattutto se si parla di ragazzi, ma proprio per questo l’invito al ragionamento critico dev’essere sempre al primo posto. Molto prima della censura. Penso che tutti conosciate Amsterdam di Jacques Brel. È uno dei momenti più alti della canzone d’autore mondiale. Dice che i marinai nel porto di Amsterdam “pisciano come io piango sulle donne infedeli”. Raramente a scuola – medie e superiori – c’è una mia lezione sulla canzone d’autore in cui io non la faccia ascoltare. Ecco: dubito però che a qualche ragazzo sia mai venuto in mente di emulare cotanta autorevole minzione.

Parlate con i vostri figli e non prendetevela con le canzoni. Preoccupatevi solo che siano belle. Ma questo ci porterebbe lontano dal nostro discorso, soprattutto da Junior Cally.

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