Luca e Giovanni, Lotti e Malagò: chi si rivede. Che tempi quelli in cui ministro e presidente del Coni facevano sfracelli nello sport italiano, dai finanziamenti per la Ryder Cup di golf alla legge per regalare a un terzo mandato alla guida del Coni, passando per il commissariamento della Federcalcio e l’imponente progetto di impiantistica Sport e periferie. Oggi il Comitato olimpico è stato messo all’angolo dall’ex sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Lotti invece è un “deputato semplice” (per dirla alla maniera di Renzi) ma non ha dimenticato la passione per lo sport e tanto meno il suo amico: insieme ad altri tre parlamentari Pd, ha appena presentato un emendamento al Milleproroghe che di fatto cancellerebbe la riforma dello sport targata Lega-M5s. Per restituire soldi e potere a Malagò, ovvio.
LA RIFORMA MANCATA – Un anno fa di questi tempi il sistema dello sport italiano è cambiato radicalmente: l’allora governo gialloverde ha creato una nuova partecipata, chiamata Sport e Salute e controllata direttamente da Palazzo Chigi, a cui ha affidato il 90% dei fondi pubblici (oltre 400 milioni ogni anno) che in passato andavano al Comitato olimpico. Per guidare l’azienda Giorgetti aveva scelto il manager Rocco Sabelli, ma la rivoluzione promessa ha stentato: per mesi Sport e Salute e Coni hanno litigato su chi dovesse fare cosa, non senza reciproci colpi bassi, e con la minaccia del Cio di sospendere l’Italia per ingerenze politiche sullo sport. Poi quando è cambiato il governo è cambiato anche il clima, e con l’arrivo del ministro Vincenzo Spadafora Sport e Salute è stata ridimensionata, tanto che Sabelli si è dimesso. Così qualcuno è arrivato a mettere in discussione l’impianto della riforma e la stessa sopravvivenza della partecipata.
LA PROPOSTA: SOLDI E DIPENDENTI AL CONI, ADDIO A SPORT E SALUTE – Quel qualcuno, guarda caso, è Luca Lotti. Al Foro Italico da settimane sperano in un intervento normativo a loro favore, ma è stato proprio l’ex ministro a mettere nero su bianco la proposta. Il testo prevede che dei 410 milioni pubblici destinati al settore ogni anno, 80 siano gestiti dal Coni, il doppio dei 40 attuali. Gli altri 328 invece spetterebbero all’autorità di governo competente, cioè il ministero. E la neonata società Sport e salute spa, antagonista del Coni, di cui proprio in questi giorni il ministro Spadafora sta scegliendo il nuovo presidente (in pole l’ex capo di gabinetto di Di Maio al Mise, Vito Cozzoli)? Anche se non si dice esplicitamente, sarebbe soppressa, visto che il personale tornerebbe sotto il controllo del Coni (come non accade da 20 anni).
M5S CONTRARIO: “NON SI TORNA AL PASSATO” – Per il Comitato olimpico (e per Malagò) sarebbe davvero un bel colpo: avrebbe il doppio dei fondi, recupererebbe diverse competenze (come i comitati regionali) e addirittura i dipendenti. Solo il controllo delle Federazioni (e dei loro contributi) resterebbe al governo, in questo caso proprio al ministero. Poco male: così la riforma sarebbe praticamente neutralizzata. Infatti l’emendamento ha subito suscitato grandi polemiche, di chi non vuole tornare al passato. Come il Movimento 5 stelle che per bocca del deputato Simone Valente ha già annunciato la sua contrarietà: “È un segnale fortemente destabilizzante per la riforma approvata pochi mesi fa, che merita di essere messa alla prova e non certo smontata nel primo provvedimento utile. Si tornerebbe al passato e per questo il Movimento 5 stelle non sosterrà la proposta del Partito democratico”.
ADESSO NO, MA DOMANI? – Messa così, l’emendamento sembrerebbe già affondato ancor prima di essere discusso: ed in effetti è difficile che passi nel Milleproroghe (potrebbe anche essere inammissibile). La questione però resta aperta: il ridimensionamento di Sport e salute è evidente, l’aria di controriforma che si respira negli ultimi tempi pure. E sullo sfondo c’è sempre la spada di Damocle della minaccia del Cio: il Comitato internazionale pretende che al Coni sia restituita la sua autonomia, per ora si è accontentato delle rassicurazioni del governo ma aspetta entro fine febbraio un provvedimento concreto. E a quel punto il ministero, che ha già fatto capire che preferisce esercitare direttamente le sue competenze piuttosto che delegarle a una partecipata, potrebbe anche decidere di chiudere la breve era di Sport e Salute. Per la gioia di Malagò, che adesso al governo ha ritrovato pure i vecchi amici del Pd.