La senatrice a vita, 89 anni, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz e simbolo del racconto dei superstiti della Shoah, interromperà gli incontri dopo trent'anni per motivi legati all'età. Ma non si ritirerà dalla vita pubblica
Ha cominciato a testimoniare, dopo decenni in silenzio e dolore interiore, quando è diventata nonna, nei primi anni Novanta: “E’ stato allora – ha raccontato tante volte – che ho capito che era arrivato il momento di iniziare a parlare, raccontare la mia storia. Lo faccio per quei sei milioni di persone che non hanno potuto tornare e raccontare”. Ad aprile Liliana Segre sospenderà gli incontri con le scuole e gli studenti, quello che ha fatto negli ultimi trent’anni. Una decisione presa per motivi legati alla sua età, 89 anni. La notizia è stata anticipata a ilDucato.it, il giornale degli studenti della scuola di giornalismo di Urbino, che cita la responsabile dello staff della senatrice a vita, Maria Paola Gargiulo. Liliana Segre concluderà ad aprile i suoi incontri nelle scuole ma questo “non vuol dire che non continuerà a testimoniare la sua esperienza” precisa all’Ansa è il figlio Luciano Belli Paci. “Dopo 30 anni di continui appuntamenti è provata”, ma ha in programma un “ultimo, grande incontro” tra qualche mese in provincia di Arezzo.
Liliana Segre è diventata un simbolo proprio per la sua lunghissima attività di testimonianza nelle scuole, come altri superstiti dei campi di sterminio nazisti. Sopravvissuta al lager di Auschwitz, nel campo di sterminio ha perso diversi familiari, tra cui il padre. E’ cresciuta con gli zii e i genitori materni. Si è sposata con Alfredo Belli Paci, anche lui reduce dai lager nazisti per essersi rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò, lo Stato fantoccio nel periodo collaborazionista di Hitler, guidato da Benito Mussolini.
Segre ha deciso di iniziare a raccontare dopo 45 anni, quando è diventata nonna, dopo un lungo percorso di elaborazione e per la necessità di testimoniare. “Una volta diventata nonna e compreso di non provare odio, ma pietà per i miei aguzzini mi sono sentita pronta a raccontare a tutti cosa ho visto con i miei occhi”. Sono le stesse parole pronunciate giusto qualche giorno fa: “Nei campi di concentramento mi ero nutrita di odio e di vendetta – ha detto la senatrice a vita ad alcune centinaia di studenti in un incontro agli Arcimboldi, a Milano – Ma poi capii che non ero come quegli assassini, non avrei mai potuto uccidere nessuno. E da quel momento sono diventata quella donna libera e di pace che sono anche adesso”.
Da quasi trent’anni gira scuole, associazioni, librerie e congressi per raccontare la sua storia. Nominata senatrice a vita nel 2018 dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nell’80esimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali volute ed elaborate dal Duce del fascismo Benito Mussolini. Per effetto di numerose minacce a carattere antisemita, la prefettura di Milano ha disposto per lei una tutela personale.
Tra l’altro, ha raccontato: “All’alba venivamo svegliate da una bastonata, non avevamo orologio, non avevamo radio, non sapevamo mai che giorno fosse, che ora fosse. Venivamo inquadrate all’appello e poi portate al lavoro. Uscivamo dal campo e incontravamo sulla strada per Auschwitz, per andare in fabbrica, quasi tutti i giorni, ragazzi della Hitlerjugend: nostri coetanei, pasciuti che stavano a casa propria. Ci vedevano passare e, non contenti di essere carnefici e figli di carnefici, ci sputavano addosso e ci dicevano parolacce che avrei capito solo in seguito e che mi sarebbero sembrate assurde e ingiuste. Li odiavo allora, con tutte le mie forze, ed è stato liberatorio per me, nella mia età matura, diventata la donna di pace che sono, rielaborare quei ricordi, e avere pena di quegli adolescenti di allora e dei naziskin di oggi”.