Ancora un piccolo passo avanti per l’Italia. L’indice di percezione della corruzione 2019 (CPI) pubblicato oggi da Transparency International (relativo al 2019) vede il nostro paese al 51° posto nel mondo con un punteggio di 53 punti su 100, migliore di un punto rispetto all’anno precedente. Dominano la classifica Danimarca e Nuova Zelanda come già l’anno scorso. Stesso discorso per il fondo del ranking, dove troviamo ancora Somalia e Sud Sudan. Perdono posizioni Canada, Francia e Gran Bretagna che restano comunque nella fascia alta della classifica.
L’Italia pur segnando un lieve miglioramento, rallenta la sua scalata alla classifica globale della corruzione. Una scalata iniziata ormai otto anni fa. “Siamo lieti di vedere un ulteriore miglioramento – dice Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia – ma sinceramente speravamo in qualcosa di più. Il rallentamento è dovuto a diversi problemi che il nostro Paese si trascina da sempre senza riuscire a risolverli”. In particolare, secondo l’organizzazione come dimostrano i recenti fatti di cronaca, da Foggia alle Madonie, da Reggio Calabria a Reggio Emilia, la criminalità organizzata “ancora spadroneggia nel nostro Paese, preferendo spesso l’arma della corruzione che oggi ha assunto forme nuove, sempre più difficili da identificare e contrastare efficacemente”.
Altra questione rilevante, secondo Transparency, è la regolamentazione del lobbying e dei conflitti di interesse: da anni si si parla di leggi che dovrebbero porre un freno e delle regole a due questioni fondamentali nella lotta alla corruzione, ma ancora il Parlamento tace. Ma sono due temi presenti nell’agenda del M5s e dopo le prossime elezioni dovrebbero essere discusse con il nuovo alleato di governo. Non è certo un buon esempio di trasparenza, secondo l’organizzazione, la recente abolizione degli obblighi di comunicazione dei redditi e dei patrimoni dei dirigenti pubblici attuata dall’ultima legge finanziaria.
Tra i temi da “menzionare per importanza anche il tema degli appalti pubblici, oggetto di attenzione di funzionari e imprenditori corrotti: un codice più semplice ed efficace e un maggior coinvolgimento della società civile nelle attività di monitoraggio non potrebbero che giovare alle finanze pubbliche. Questi sono solo alcuni dei temi che Transparency International Italia da anni cerca di portare nell’agenda politica nazionale, per far scrollare di dosso all’Italia la nomea di “paese corrotto”. In Europa in vetta oltre alla Danimarca ci sono Finlandia e Svezia, mentre Bulgaria, Romania e Ungheria occupano le ultime tre posizioni della classifica continentale. A livello globale spiccano la caduta di Canada (-4 punti), Francia e Regno Unito (-3) mentre colpiscono in positivo la Spagna (+4) e la Grecia (+3). Tra i Paesi del G20 rimangono stabili Germania e Russia (rispettivamente con un voto di 80 e di 28 come nel 2018) mentre perdono due punti gli Usa (69 contro i 71 precedenti).