Torino è la città con più smog. Lo è stata non solo nel 2019, ma anche considerando l’ultimo decennio. A confermare l’emergenza sempre più cronica, che non riguarda solo il capoluogo piemontese, ci sono i nuovi dati di Mal’aria, il report annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in città, che scatta una triplice foto sull’anno che si è aperto con città in codice rosso, sul 2019 e sul decennio che ci siamo lasciati alle spalle. Nelle prime tre settimane del 2020 Frosinone e Milano, Padova, Torino e Treviso sono i centri urbani che hanno superato per 18 giorni i limiti di PM10. Male anche Napoli (16) e Roma (15). Un’emergenza che ha segnato anche il 2019: 54 i capoluoghi di provincia che hanno superato il limite previsto per le polveri sottili (PM10) o per l’ozono (O3), stabiliti rispettivamente in 35 e 25 giorni nell’anno solare. In 26 dei 54 capoluoghi, il limite è stato superato per entrambi i parametri. Torino con 147 giorni (86 per il 10 e 61 per l’ozono) è la città che lo scorso anno ha superato il maggior numero di giornate fuorilegge, seguita da Lodi con 135 (55 per PM10 e 80 per ozono) e Pavia con 130 (65 superamenti per entrambi gli inquinanti). E anche il decennio 2010-2019 ci lascia in eredità un bilancio negativo con il 28% delle città monitorate da Legambiente che ha superato i limiti giornalieri di PM10 tutti gli anni, 10 volte su 10. Maglia nera, anche in questo caso, a Torino (prima in classifica 7 volte su 10), con un totale di 1086 giorni di inquinamento in città. L’unica nota positiva, però, riguarda proprio il decennio, perché i dati del PM10 sono in netto miglioramento rispetto a quelli del 2010.
I DATI DI MAL’ARIA PER IL 2019 – Tornando ai dati del 2019, per il PM10 sono state 26 le città capoluogo di provincia che hanno superato il limite giornaliero (35 giorni con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi metro cubo). A guidare la classifica per le polveri sottili anche per il 2019 c’è Torino, con 86 giorni di superamento, seguita da Milano, con 72 giornate e Rovigo, con 69. Seguono con 68 giorni Frosinone e Venezia, Alessandria con 66 mentre Padova e Pavia si sono fermate a 65 giorni; Cremona 64 e Treviso 62 chiudono la top ten del 2019. Per l’ozono troposferico, inquinante tipicamente estivo il cui limite previsto dalla legge è di 25 giorni all’anno con una concentrazione superiore a 120 microgrammi/metro cubo (calcolato sulla media mobile delle 8 ore), nel 2019 sono state ben 52 le città italiane che hanno superato il limite dei 25 giorni: Lodi e Piacenza sono in cima a questa classifica con 80 giorni di sforamento ciascuno, seguite da Lecco (73), Bergamo (72), Monza e Pavia con 65.
L’EMERGENZA DEL DECENNIO – Nei 10 anni di campagna di Legambiente PM10 ti tengo d’occhio su 67 città che almeno una volta sono entrate nella speciale classifica, il 28% di queste (19 città) hanno superato i limiti giornalieri di PM10 tutti gli anni, 10 volte su 10. Sei città (il 9%) ha superato i limiti 9 volte su 10, mentre 8 città (il 12%) lo hanno superato 8 volte su 10. A dimostrazione di come nonostante il trend in calo degli ultimi anni, ci sono città che rimangono malate croniche di inquinamento atmosferico e che, dati alla mano, non sembrano poterne uscire fuori. Torino in questi 10 anni è stata prima 7 volte su 10 nella classifica, collezionando in totale 1086 giorni di inquinamento in città mentre Frosinone, che nei dieci anni appena trascorsi è stata maglia nera 7 volte, è la sola altra città ad aver sfondato il muro dei mille giorni di inquinamento. Alessandria con i suoi 896 giorni di sforamenti nel decennio si colloca al terzo posto seguita da Milano (890), Vicenza (846 giorni) e Asti (836) che superano abbondantemente gli ottocento giorni oltre i limiti. Altre otto città (Cremona, Padova, Pavia, Brescia, Monza, Venezia, Treviso e Lodi) hanno collezionato più di due anni di “giornate fuorilegge” (oltre i 730 giorni totali). Unica nota positiva: nel corso degli anni, dal 2010 al 2019, c’è stato un netto miglioramento del numero delle città oltre i limiti del PM10. Si è passati dalle 62 città fuorilegge del 2010 alle 26 del 2019 con un trend più o meno costantemente in calo negli anni, ad eccezione di qualche annata particolarmente critica.
OGNI ANNO 60MILA MORTI PREMATURE SOLO IN ITALIA – Parliamo, comunque, di un inquinamento che minaccia la salute dei cittadini e l’ambiente circostante e che trova nel trasporto stradale una delle principali fonti di emissioni di inquinanti atmosferici nelle aree urbane, senza dimenticare le altre sorgenti come il riscaldamento domestico, l’industria e l’agricoltura. Ogni anno sono oltre 60mila le morti premature in Italia dovute all’inquinamento atmosferico che determinano un danno economico, stimato sulla base dei costi sanitari comprendenti le malattie, le cure, le visite, i giorni di lavoro persi, che solo in Italia oscilla tra 47 e 142 miliardi di euro all’anno (330 – 940 miliardi a livello europeo). La Commissione europea ha messo in atto molte procedure di infrazione contro gli Stati membri – tra cui l’Italia – per il mancato rispetto dei limiti comunitari in tema di qualità dell’aria. Ma c’è anche un altro aspetto. Legambiente analizza l’attuale situazione del mercato auto, segnato nel 2019 dal cambio di alcuni limiti normativi e dei test di omologazione per le autovetture sempre più stringenti, che di fatto hanno tagliato fuori alcuni tipi di motorizzazioni. L’associazione sottolinea come “le case automobilistiche stiano svendendo modelli che tra pochi anni non potranno più circolare, nascondendo la verità ai potenziali acquirenti, subissandoli da pubblicità rassicuranti ma molto spesso ingannevoli”.
LEGAMBIENTE: “MISURE ANTI-SMOG DEBOLI E SPORADICHE” – “L’ormai cronica emergenza smog – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – va affrontata in maniera efficace. Le deboli e sporadiche misure anti-smog, come il blocco del traffico adottato nei giorni scorsi a Roma e in diverse città della Penisola, sono solo interventi palliativi che permettono di contenere temporaneamente i danni sanitari, ma non producono effetti duraturi se non all’interno di interventi strutturali”. Ad oggi l’accordo bacino padano, con i suoi difetti e limiti, e gli accordi per il miglioramento dell’aria sottoscritti da diverse regioni, rappresentano un primo passo verso una uniformità di azioni e misure su tutto il territorio nazionale “ma bisogna fare molto di più – aggiunge Andrea Minutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico – migliorando al tempo stesso gli accordi che ad esempio non prevedono misure rispetto a settori inquinanti come il comportato industriale e quello energetico, le aree portuali e l’agricoltura. Aree spesso attigue e integrate ai centri urbani e che richiedono misure specifiche per ridurne le emissioni”. Per quanto riguarda, invece, il tanto discusso blocco del traffico, per Minutolo si tratta di una misura “che, per essere veramente efficace e incidere sulla riduzione delle emissioni in città, dovrebbe essere strutturata e ampliata progressivamente nei prossimi anni affinché diventi permanente”.