“Di Maio si è dimesso adesso perché credo che sia arrivato a un livello di saturazione ormai insopportabile“. E’ il commento del direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, durante “Otto e Mezzo” (La7), sulle dimissioni di Luigi Di Maio dalla guida del M5s, notizia già anticipata proprio sul Fatto dal giornalista Luca De Carolis lo scorso 10 gennaio e seccamente smentita dallo staff dell’ex capo politico pentastellato.
Travaglio spiega: “Nel M5s c’è uno stillicidio di uscite da parte di parlamentari, c’è una cacofonia che è sempre stata una caratteristica del movimento, ma adesso è a livelli parossistici. Ci sono coloro che quotidianamente spiegano che cosa si dovrebbe fare e soprattutto contestano regole, a suo tempo accettate da tutte, quelle stesse regole che hanno consentito a molti di questi miracolati di essere eletti. E quindi non si capisce perché non abbiano contestato quelle regole subito, facendosi così eleggere da qualcun altro. Credo che sicuramente – continua – fischieranno le orecchie anche a Di Battista e a Paragone, ovviamente per ragioni diverse. Di Maio, infatti, ha parlato di quelli che preferiscono dire “l’avevo detto” anziché “facciamo qualcosa e lavoriamo insieme”. Credo anche che Di Maio ce l’abbia soprattutto con questo ronzio di fondo che ha permesso ai media di oscurare i successi che, dal punto di vista di Di Maio, ha ottenuto il M5s. Quando lui cita una ventina di leggi, non sta raccontando bugie. E ogni volta che esaltava quei successi, anziché esultare anche un po’ patriotticamente, all’interno del M5s c’era sempre qualcuno che segnalava qualche difficoltà, anche nei casi rari in cui quelle difficoltà non c’erano. Quindi, oggi Di Maio si è levato un po’ di sassolini tutti insieme“.
Travaglio è convinto che il M5s non sia finito, perché non è nato con Di Maio. E aggiunge: “Certamente se i 5 Stelle riuscissero a parlare di più come parla Grillo e meno come parlano gli incravattati, potrebbero avere un ruolo anche in futuro“.
Battuta finale della conduttrice Lilli Gruber: “Alla fine del suo discorso Di Maio si è tolto la cravatta e ha detto che per lui è sempre stata simbolo di rispetto delle istituzioni. Forse si è dimenticato che è comunque ancora ministro degli Esteri e quindi la cravatta forse doveva tenersela“.