“È stato al Congresso per anni. Non piace a nessuno, non c’è nessuno che voglia lavorare con lui, non conclude mai nulla. È un politico di carriera. Son tutte balle e mi spiace per la gente che si fa abbindolare”. È durissimo il giudizio di Hillary Clinton su Bernie Sanders, consegnato a un documentario e confermato in un’intervista a “The Hollywood Reporter”, in cui Clinton va ancora più in là. Non sa, spiega, “se appoggerà o farà campagna per lui”, nel caso Sanders dovesse diventare il candidato dei democratici per le presidenziali, il prossimo novembre. Le parole di Clinton rivelano le divisioni permanenti tra centristi e progressisti in seno alla sinistra americana ma sono anche il segnale chiaro dell’avversione e della preoccupazione che Sanders continua a suscitare in molti settori del partito democratico.
Astio e screzi tra Clinton e Sanders sono antichi: risalgono almeno ai giorni in cui i due si confrontarono nella campagna elettorale del 2016. Alla fine fu Clinton a prevalere e a diventare la candidata dei democratici contro Donald Trump. Ma le divisioni esplose in quei mesi non sono mai state davvero superate. Clinton e il suo team hanno continuato a pensare che i Bernie Bros abbiano contribuito a creare un clima negativo nei suoi confronti, favorendo la vittoria repubblicana. Un’accusa che l’ex First Lady ha più volte confermato; ancora poche settimane fa, in un’intervista radiofonica a Howard Stern.
Chi ha ragione? – È vero? Non è vero? Entrambi i campi sembrano avere le proprie ragioni. Sanders ha ricordato come, dopo la sconfitta con Clinton alle primarie, lui abbia partecipato ad almeno tre eventi elettorali insieme all’allora candidata, oltre ad aver fatto campagna a favore di Clinton in decine di comizi in giro per l’America (17 eventi in 11 Stati soltanto nell’ultima settimana) – più di quanto abbia fatto Clinton per Barack Obama nella campagna elettorale del 2008. È altrettanto vero che Sanders e i suoi furono allora particolarmente aggressivi nella campagna contro Clinton, dipinta come rappresentante di una élite corrotta e di un partito, quello democratico, ormai lontano dagli interessi della maggioranza degli americani.
Quel vecchio scontro torna d’attualità ora, con Sanders impegnato in un’altra campagna e con il partito democratico che teme il ripetersi di quanto avvenuto nel 2016. E cioè un candidato esterno al partito che rischia, nell’opinione di una parte del partito, di spaccare, di dividere, di favorire la vittoria degli avversari. Alcuni ricordano che, come già per la campagna 2016, anche questa volta Sanders abbia chiesto un’affiliazione ai democratici per la sola campagna presidenziale; nel 2024, per la sua rielezione al Senato in Vermont, Sanders si presenterà da indipendente, come peraltro è sempre avvenuto durante la sua lunga carriera politica.
Con lui democratici troppo a sinistra – Oltre ai sospetti sulla “lealtà” di Sanders alla macchina democratica, sono però le questioni più specificamente politiche a preoccupare. La leadership democratica teme che Sanders abbia già spostato il partito troppo a sinistra su una serie di temi – sanità, educazione, tasse – e che una sua vittoria alle primarie possa allontanare, a novembre, gli elettori centristi e moderati, che difficilmente potrebbero votare un candidato che si è sempre, orgogliosamente, definito un “socialista democratico”. Le preoccupazioni dei leader dem, peraltro, non sono campate in aria. Nell’ultimo sondaggio Cnn, Sanders risulta in vantaggio in Iowa, il primo Stato in cui si voterà per le primarie: per lui si è dichiarato il 27 per cento dei probabili elettori, contro il 24 per cento che invece sostiene Joe Biden. Il senatore del Vermont non è più dunque un outsider sostenuto dall’entusiasmo vibrante dei Bernie Bros; ma una possibilità concreta, reale, che può emergere in un campo democratico fortemente diviso.
Gli attacchi degli altri candidati dem – Proprio per limitare l’influenza di Sanders i tre candidati centristi del partito – Biden, Pete Buttigieg e Amy Klobuchar – nelle ultime settimane hanno cominciato a sparare contro la riforma sanitaria proposta dal senatore del Vermont, il “Medicare for All”, una forma di sanità pubblica e universale che per Sanders dovrebbe essere finanziata dalle tasse dei più ricchi. “Bisogna dire la verità agli elettori, non ce la possiamo permettere”, ha spiegato Biden durante l’ultimo dibattito televisivo, proprio in Iowa. “Ci sono altri modi per allargare l’accesso alla sanità”, gli ha fatto eco Buttigieg. E i centristi si sono ben guardati dall’abbracciare il college gratuito che Sanders ha reso uno dei punti forti della sua proposta politica (Biden propone di rendere gratuiti solo i primi due anni di college). Non è peraltro un mistero che, tra Sanders e l’altra candidata del fronte progressista Elizabeth Warren, la leadership democratica preferisca di gran lunga Warren. Oltre 200 veterani dell’amministrazione Obama hanno firmato un documento di sostegno a Warren e lo stesso ex presidente, in privato, ha espresso il suo sostegno alla candidatura della senatrice del Massachusetts.
Nelle parole durissime, al limite dell’insulto personale, di Clinton contro Sanders c’è dunque molto di più della rabbia accumulata durante la campagna 2016. Ci sono i timori che, oggi come ieri, Sanders provochi divisioni poi difficilmente rimarginabili – e che il radicalismo delle sue posizioni aiuti a rieleggere Trump. I nemici di Sanders citano a questo proposito un dato: il 53 per cento degli elettori democratici (sondaggio Cnn/Des Moines Register) pensa che Sanders non sia il candidato giusto, eleggibile, vincente contro Trump. Sono preoccupazioni che il senatore ha più volte cercato di allontanare. “È radicale pretendere l’assistenza sanitaria per tutti? – ha chiesto retoricamente durante una recente intervista televisiva – È radicale volere il college gratuito? È radicale difendere il diritto all’aborto?”. A suo favore, a favore della sua eleggibilità, Sanders ha spesso citato un altro elemento: la sua popolarità tra quella working-class della Rust Belt che Trump ha conquistato nel 2016 e che i democratici devono assolutamente riconquistare per tornare alla Casa Bianca il prossimo novembre.