“Juden hier”, cioé “Qui ci sono ebrei”: la scritta antisemita che marchiava le abitazioni durante il nazismo è comparsa stanotte sulla porta di casa di Aldo Rolfi, figlio della Lidia Beccaria Rolfi, a Mondovì, in provincia di Cuneo. Con la vernice nera è stato tracciato il messaggio in tedesco e la stella di Davide, ma la famiglia Rolfi non è di origine ebraica: Lidia, staffetta partigiana, è stata deportata a Ravensbruck nel 1944. I proprietari dell’abitazione hanno denunciato l’episodio ai carabinieri: il figlio Aldo ha diffuso le foto in un post su Facebook. Sull’episodio, accaduto pochi giorni prima delle celebrazioni per la Giornata della Memoria, Indaga anche la Digos di Cuneo.
Lidia Beccaria è nata nel 1925 a Mondovì: diplomata alle magistrali, è entrata nella Resistenza con il nome di battaglia di “maestrina Rossana”. Il 13 aprile del 1944 viene arrestata dai fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana e consegnata alla Gestapo. Deportata nel campo di concentramento nazista di Ravensbrück, al suo ritorno, ha raccontato gli orrori dei lager in “Le donne di Ravensbrück”, prima opera in italiano sulla deportazione femminile. Nel ’97 uscì postumo “Il futuro spezzato,” un saggio sull’infanzia durante la dittatura, con l’introduzione di Primo Levi. La scritta è comparsa sulla porta della casa dove la partigiana ha vissuto fino alla morte, nel 1996: la via dove sorge la casa è stata intitolata alla sua memoria pochi anni fa.
“Ho attraversato questa porta molte volte. Ci abitava la mia amica Lidia Beccaria Rolfi – ha scritto su Facebook Bruno Maida, ricercatore di storia contemporanea all’università di Torino – Oggi ci abita Aldo suo figlio. La scritta è apparsa oggi, dopo che Aldo è intervenuto su un giornale locale per ricordare sua madre”. Ieri infatti sul settimanale Provincia Granda era apparso un articolo in cui Rolfi parlava del crescere di sentimenti antisemiti: “L’emergenza odio è colossale, palpabile in tutti i campi. La mente torna a notti buie e vergognose della nostra Storia recente”. Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, lo ha definito “un segnale gravissimo di intolleranza e provocazione proprio nei giorni in cui ricordiamo la Shoah”.