Stephan Schmidheiny va a processo con l’accusa di omicidio volontario. Il giudice per l’udienza preliminare di Vercelli, Fabrizio Filice, ha accolto la richiesta della Procura e disposto il rinvio a giudizio dell’imprenditore svizzero, accusato della morte di 392 persone a Casale Monferrato che, secondo le indagini, sono vittime delle conseguenze dell’esposizione all’amianto. Il processo sarà quindi trasferito in corte d’Assise a Novara. La prima udienza è fissata per il 27 novembre. “Siamo delusi della decisione, confidiamo nella giustizia e nel fatto che sul merito ci diano ragione”, commenta all’Adnkronos Astolfo Di Amato, uno dei legali di Schmidheiny, che solo un mese fa in un’intervista al giornale svizzero Nzz am Sonntag aveva dichiarato: “Non ho intenzione di vedere una prigione italiana dall’interno” per aggiungere anche che l’Italia è “uno Stato fallito“.
L’inchiesta bis riguarda i decessi legati a diverse filiali italiane della multinazionale Eternit, tra cui quella di Casale Monferrato, ed è scaturita dopo la sentenza della Cassazione che aveva dichiarato prescritto il processo per disastro doloso. Nel maxi-processo Eternit Uno, il proprietario Schmidheiny era stato infatti condannato a 18 anni in primo e in secondo grado, ma poi lo aveva appunto salvato la prescrizione. Se Schmidheiny fosse stato mandato a processo per omicidio colposo (e non volontario), c’era nuovamente la possibilità che il reato venisse prescritto. Il gup ha invece confermato il capo d’accusa, accogliendo la richiesta dei pm Francesco Alvino e Roberta Brera e del pm torinese Gianfranco Colace, che si era occupato del caso Eternit insieme all’allora procuratore aggiunto (ora in pensione) Raffaele Guariniello.
I magistrati hanno insistito proprio sul fatto che Schmidheiny fosse perfettamente consapevole dei rischi che comportava la fibra di amianto, perché le conoscenze scientifiche, all’epoca, erano già disponibili. Hanno poi sottolineato come l’imprenditore abbia messo in atto un programma di controinformazione affinché i lavoratori non sapessero degli effetti devastanti delle polveri.
Il processo bis è stato spacchettato in più filoni per competenza territoriale: a Torino, l’imprenditore è già stato condannato a 4 anni ma per omicidio colposo in relazione al decesso di due ex lavoratori di Cavagnolo. Altri due processi sono in corso a Napoli e Reggio Emilia.