È stato arrestato dopo aver incontrato gli uomini di Aman, l’Alleanza dei popoli indigeni dell’arcipelago. Philip Jacobson, giornalista ambientale di 30 anni, si trova nella carcere di Palangkaraya, nella parte indonesiana dell’isola del Borneo. È stato fermato per una presunta irregolarità con il visto e rischia fino a cinque anni di carcere.

Jacobson lavora come editore per il sito d’informazione ambientale indipendente Mongabay. Negli ultimi cinque anni ha seguito storie legate all’Indonesia, il Paese con il maggior tasso di deforestazione al mondo, dove le foreste primarie vengono rimpiazzate principalmente da monocolture di palme da olio. “Supponiamo che l’arresto di Jacobson sia legato al lavoro giornalistico di Mongabay relativo ai reati ambientali e alla criminalizzazione delle popolazioni indigene”, dichiara Rukka Sombolinggi, segretaria generale di Aman, in un comunicato stampa. Philip Jacobson ha investigato i crimini ambientali, tra cui la deforestazione illegale sull’isola del Borneo e i temi legati alle monocolture di palma, la tutela della biodiversità, gli incendi forestali, l’espansione dell’industria estrattiva e le lotte dei popoli indigeni.

È stato fermato dopo un incontro con l’Alleanza dei popoli indigeni locali nel Parlamento della provincia Central Kalimantan, lo scorso 17 dicembre. Le autorità lo hanno interrogato per quattro ore e gli hanno ritirato il passaporto, impedendogli di lasciare il Paese per rimanere a disposizione durante le indagini relative al visto lavorativo. Fino all’arresto avvenuto il 21 gennaio, con detenzione nel carcere di Palangkaraya. “Stiamo supportando Philip durante lo svolgimento di questo caso e stiamo facendo ogni sforzo per rispettare il lavoro degli enti preposti al controllo dell’immigrazione in Indonesia”, dichiara Rhett A. Butler, fondatore e ceo di Mongabay, “Sono sorpreso che i funzionari dell’immigrazione abbiano intrapreso azioni così dure nei confronti di Philip per una questione amministrativa”.

Human Rights Watch ha appena pubblicato un rapporto da cui emerge l’aumento della violenza contro i giornalisti e gli attivisti ambientali in Indonesia. “Le persone che lavorano nei media dovrebbero essere libere di svolgere le loro attività in Indonesia senza paura di detenzioni arbitrarie”, dichiara Andreas Harsono di Human Rights Watch. “Quello che è successo a Phillip Jacobson è un segno preoccupante della repressione governativa di un lavoro essenziale per la democrazia”.

L’Indonesia è tra i fanalini di coda – stabile alla posizione 124 su 180- nella classifica annuale della libertà di stampa, pubblicata ogni anno da Reporters Without Borders. Il mese scorso, l’Associazione dei giornalisti indipendenti indonesiani (AJI) ha pubblicato un rapporto che fotografa la libertà di stampa nel Paese, a seguito delle recenti elezioni politiche, tra leggi sempre più repressive e i casi di censura di internet. Ci sono stati 53 casi di violenze contro i giornalisti e le giornaliste, tra cui aggressioni fisiche, la distruzione dell’attrezzatura e le minacce verbali.

“L’arresto totalmente sproporzionato di Phillip Jacobson equivale chiaramente a un’intimidazione”, ha dichiarato Daniel Bastard, capo del dipartimento Asia-Pacifico di Reporter Without Borders. “I funzionari dell’immigrazione hanno ampiamente superato i loro poteri. Chiediamo al ministero della Giustizia, che sovrintende all’immigrazione, di garantire che venga immediatamente rilasciato in conformità con lo stato di diritto.”

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