Il partito di Erdogan ci riprova. L’Akp vuole reintrodurre il matrimonio riparatore, che alla fine del 2016 fu affossato da un’ondata di proteste di piazza e dalla forte indignazione internazionale. Inserita in un ampio pacchetto di riforma del sistema giudiziario, la norma preparata dal partito del presidente assicura un salvacondotto ai responsabili di violenze sessuali contro le donne in caso di successive nozze. Unico requisito: la differenza d’età fra gli sposi deve essere inferiore a dieci anni. Una sorta di amnistia, che per la maggioranza di governo ad Ankara serve soprattutto a sanare situazioni di fatto che riguardano zone rurali del Paese, in cui non sono rari i casi di “spose bambine“. Le nozze con i minori sono vietate e quando una ragazza resta incinta si configura il reato di violenza sessuale. Le proteste sono state immediate.
Il testo è giunto per la prima volta in Parlamento la scorsa settimana, ma non è ancora fissata una data per il prosieguo della discussione. Le associazioni per la difesa dei diritti delle donne sono già sulle barricate nel timore di un colpo di mano in aula, dove le forze pro-Erdogan hanno la maggioranza assoluta. La mobilitazione chiede il ritiro incondizionato di una proposta che potrebbe aggravare ulteriormente i problemi della violenza di genere e delle “spose bambine”.
Stando al Chp, il maggiore partito di opposizione, nell’ultimo decennio le donne che si sono sposate a un’età inferiore a quella ammessa dalla legge (16 anni) sono state circa mezzo milione. Ma i casi sarebbero sottostimati, perché spesso queste nozze non vengono celebrate davanti a pubblici ufficiali ma solo di fronte autorità religiose locali. Le ong denunciano anche una legittimazione sul piano sociale della violenza contro le donne.
Secondo la piattaforma “Fermiamo i femminicidi“, nel 2019 in Turchia sono state assassinate almeno 474 donne, in aumento rispetto alle già drammatiche cifre degli anni precedenti. E ad uccidere o ferire sono in gran parte mariti, compagni e familiari. “Nel 2016 – ricorda Fidan Ataselim, segretaria generale della piattaforma – il governo aveva proposto una legge sull’amnistia per gli autori di abusi sessuali sui minori, tutte le donne si sono opposte e la proposta è stata ritirata. Se ci riprovano, la combatteremo di nuovo”.