Da febbraio in poi, al pronto soccorso rischiano davvero di fare i numeri. Non tanto perché la riforma prevede il passaggio dalla classificazione d’urgenza dai colori ai numeri, ma perché include anche una sforbiciata ai tempi di attesa a parità di strutture e di personale. In pratica, con le stesse risorse, medici e infermieri del Pronto Soccorso dovranno prepararsi a fare miracoli dimettendo i pazienti nel tempo massimo di otto ore. “Sfido qualsiasi pronto soccorso a realizzare questo obiettivo” ha dichiarato Salvatore Manca, presidente della Società Italiana della Medicina di Emergenza e Urgenza (Simeu) che riunisce circa 3mila medici e infermieri impegnati su tutto il territorio nazionale.
“Il cambiamento non porterà assolutamente una riduzione dei tempi di accesso al Pronto Soccorso. Al massimo ci sarà una gestione più efficiente per la parte che compete gli infermieri del triage (smistamento, ndr)” ha poi aggiunto. Il motivo? Secondo i dati Simeu, le strutture italiane di pronto soccorso e Medicina d’urgenza stanno funzionando con il 23,5% di medici in meno rispetto al fabbisogno reale. Il dato è peraltro in drammatica evoluzione: solo nei primi dieci mesi del 2019, il numero di dottori di pronto soccorso è diminuito di circa il 10 per cento. Interpellato dal fattoquotidiano.it, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha ricordato come il governo abbia “approvato l’innalzamento della spesa per le assunzioni che moltiplica per 6 le risorse aggiuntive rispetto al 2019. Nel contempo abbiamo anche avviato un percorso di stabilizzazione per una platea di 32 lavoratori fra medici, infermieri e personale vario”.
Ma l’impressione è che in pronto soccorso le emergenze non accennino affatto a diminuire. Con il risultato che spesso e volentieri la pressione sale alle stelle, come testimoniano i manifesti che si trovano affissi nelle strutture di emergenza e che ricordano come l’aggressione all’infermiere che si occupa dell’accoglienza è un reato punito dalla legge. Dal canto suo, il personale (a luglio circa circa 8.500 unità) tenta di fare il possibile per gestire un’emergenza ogni 90 secondi per un totale di 21 milioni di visite in un anno. I casi più gravi (dati 2018) ammontano a circa 350mila con 78mila traumi, 72mila infarti, 102mila ictus e 110mila shock settici.
Alla carenza di personale, si affianca quella di posti letto disponibili per i ricoveri. “La riduzione dei tempi di attesa richiede un maggior funzionamento dei sistemi sanitari sul territorio e quindi da una riduzione degli accessi impropri ai servizi di pronto soccorso – ha ripreso Manca – È quindi sostanziale l’eliminazione del collo di bottiglia sulla ricerca dei posti letto: il problema grosso, a mio parere, è che in Italia è stata fatta una riduzione eccessiva del numero di posti letti per acuti: tre posti letto per malati acuti su mille abitanti sono pochissimi, anche in confronto ad altre realtà europee come Francia e Germania in cui si va da sei agli otto posti letto su mille abitanti”. Accade quindi che i medici di pronto soccorso debbano occuparsi anche di malati che dovrebbero essere in ospedale. Il risultato è che “se con un dato numero di medici devi gestire, oltre agli accessi al Pronto Soccorso, anche pazienti che stazionano in pronto soccorso, allora togli lavoro ai pazienti che devono accedere ai servizi di emergenza – ha spiegato il presidente di Simeu – E questo dilata i tempi di attesa per chi deve accedere alle prime cure”. Da qui il nervosismo che si respira in pronto soccorso e che è inevitabilmente proporzionale ai tempi di attesa.
Secondo Simeu, la funzione svolta dal pronto soccorso è profondamente cambiata, ma la politica non ne tiene conto. In passato era un centro di smistamento verso gli ospedali, mentre oggi ha il compito non solo di diagnosticare, ma anche di curare e nel caso di dimettere il paziente. “Le dotazioni organiche sono però ancora strutturate su un pronto soccorso di vecchio stampo in cui serviva una chiave d’accesso all’Ospedale, cioè un punto di transito – ha precisato Manca – ma oggi il pronto soccorso non è più un punto di transito. È invece un luogo di diagnosi e cura in cui noi teniamo anche i pazienti più a lungo e se è possibile li dimettiamo. Il cambiamento funzionale non è però computato nelle dotazioni organiche che vengono sempre quantificate sul numero degli accessi. Non è più il numero degli accessi che quantifica l’attività lavorativa all’interno del pronto soccorso. Piuttosto è la tipologia lavorativa. Purtroppo questo non è ancora chiaro alla classe politica”.
Il pronto soccorso ha bisogno di nuove strutture perché non è più un centro di smistamento. “Per migliorare il servizio è necessario rivalutare la dotazione organica e poi anche dal punto di vista strutturale”, ha concluso Manca. “Vista la nuova attività, i pronto soccorso sopra i 25mila accessi e i dipartimenti di emergenza di primo e secondo livello dovrebbero essere dotati di posti letto di osservazione breve o di terapia sub-intensiva e di terapia d’urgenza. In questa maniera, si riuscirà anche a rientrare anche nei parametri ministeriali imposti dei tre posti letto acuti per mille abitanti”. Dal canto suo, il ministro della Salute ha evidenziato come il governo abbia previsto due miliardi di investimenti per migliorare le strutture e acquistare nuove strumentazioni, oltre a due miliardi di dotazione supplementare stanziati per il fondo sanitario nazionale. E che “per evitare l’affollamento dei pronto soccorso dobbiamo puntare sulla medicina del territorio. Abbiamo messo 235 milioni per l’acquisto di strumentazione diagnostica di primo livello per più di 50mila studi di medici di famiglia e pediatri, e abbiamo esteso la ‘farmacia dei servizi’ in tutta Italia. Anche con queste iniziative si favorisce il decongestionamento delle strutture e si ampliano le opportunità per i cittadini”. Queste iniziative saranno sufficienti a rispondere alle necessità dei cittadini? E le Regioni saranno in grado di attuarle in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale? Si vedrà.
Cronaca
Pronto soccorso, la riforma prevede meno attese ma non aumenta le risorse. I medici d’urgenza: “Impossibile realizzare l’obiettivo”
Secondo i dati Simeu, le strutture italiane di funzionano con il 23,5% di medici in meno rispetto al fabbisogno reale. Il personale sanitario deve gestire un'emergenza ogni 90 secondi, per un totale di 21 milioni di visite in un anno. Il ministro Speranza: "Approvato l'innalzamento della spesa per le assunzioni"
Da febbraio in poi, al pronto soccorso rischiano davvero di fare i numeri. Non tanto perché la riforma prevede il passaggio dalla classificazione d’urgenza dai colori ai numeri, ma perché include anche una sforbiciata ai tempi di attesa a parità di strutture e di personale. In pratica, con le stesse risorse, medici e infermieri del Pronto Soccorso dovranno prepararsi a fare miracoli dimettendo i pazienti nel tempo massimo di otto ore. “Sfido qualsiasi pronto soccorso a realizzare questo obiettivo” ha dichiarato Salvatore Manca, presidente della Società Italiana della Medicina di Emergenza e Urgenza (Simeu) che riunisce circa 3mila medici e infermieri impegnati su tutto il territorio nazionale.
“Il cambiamento non porterà assolutamente una riduzione dei tempi di accesso al Pronto Soccorso. Al massimo ci sarà una gestione più efficiente per la parte che compete gli infermieri del triage (smistamento, ndr)” ha poi aggiunto. Il motivo? Secondo i dati Simeu, le strutture italiane di pronto soccorso e Medicina d’urgenza stanno funzionando con il 23,5% di medici in meno rispetto al fabbisogno reale. Il dato è peraltro in drammatica evoluzione: solo nei primi dieci mesi del 2019, il numero di dottori di pronto soccorso è diminuito di circa il 10 per cento. Interpellato dal fattoquotidiano.it, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha ricordato come il governo abbia “approvato l’innalzamento della spesa per le assunzioni che moltiplica per 6 le risorse aggiuntive rispetto al 2019. Nel contempo abbiamo anche avviato un percorso di stabilizzazione per una platea di 32 lavoratori fra medici, infermieri e personale vario”.
Ma l’impressione è che in pronto soccorso le emergenze non accennino affatto a diminuire. Con il risultato che spesso e volentieri la pressione sale alle stelle, come testimoniano i manifesti che si trovano affissi nelle strutture di emergenza e che ricordano come l’aggressione all’infermiere che si occupa dell’accoglienza è un reato punito dalla legge. Dal canto suo, il personale (a luglio circa circa 8.500 unità) tenta di fare il possibile per gestire un’emergenza ogni 90 secondi per un totale di 21 milioni di visite in un anno. I casi più gravi (dati 2018) ammontano a circa 350mila con 78mila traumi, 72mila infarti, 102mila ictus e 110mila shock settici.
Alla carenza di personale, si affianca quella di posti letto disponibili per i ricoveri. “La riduzione dei tempi di attesa richiede un maggior funzionamento dei sistemi sanitari sul territorio e quindi da una riduzione degli accessi impropri ai servizi di pronto soccorso – ha ripreso Manca – È quindi sostanziale l’eliminazione del collo di bottiglia sulla ricerca dei posti letto: il problema grosso, a mio parere, è che in Italia è stata fatta una riduzione eccessiva del numero di posti letti per acuti: tre posti letto per malati acuti su mille abitanti sono pochissimi, anche in confronto ad altre realtà europee come Francia e Germania in cui si va da sei agli otto posti letto su mille abitanti”. Accade quindi che i medici di pronto soccorso debbano occuparsi anche di malati che dovrebbero essere in ospedale. Il risultato è che “se con un dato numero di medici devi gestire, oltre agli accessi al Pronto Soccorso, anche pazienti che stazionano in pronto soccorso, allora togli lavoro ai pazienti che devono accedere ai servizi di emergenza – ha spiegato il presidente di Simeu – E questo dilata i tempi di attesa per chi deve accedere alle prime cure”. Da qui il nervosismo che si respira in pronto soccorso e che è inevitabilmente proporzionale ai tempi di attesa.
Secondo Simeu, la funzione svolta dal pronto soccorso è profondamente cambiata, ma la politica non ne tiene conto. In passato era un centro di smistamento verso gli ospedali, mentre oggi ha il compito non solo di diagnosticare, ma anche di curare e nel caso di dimettere il paziente. “Le dotazioni organiche sono però ancora strutturate su un pronto soccorso di vecchio stampo in cui serviva una chiave d’accesso all’Ospedale, cioè un punto di transito – ha precisato Manca – ma oggi il pronto soccorso non è più un punto di transito. È invece un luogo di diagnosi e cura in cui noi teniamo anche i pazienti più a lungo e se è possibile li dimettiamo. Il cambiamento funzionale non è però computato nelle dotazioni organiche che vengono sempre quantificate sul numero degli accessi. Non è più il numero degli accessi che quantifica l’attività lavorativa all’interno del pronto soccorso. Piuttosto è la tipologia lavorativa. Purtroppo questo non è ancora chiaro alla classe politica”.
Il pronto soccorso ha bisogno di nuove strutture perché non è più un centro di smistamento. “Per migliorare il servizio è necessario rivalutare la dotazione organica e poi anche dal punto di vista strutturale”, ha concluso Manca. “Vista la nuova attività, i pronto soccorso sopra i 25mila accessi e i dipartimenti di emergenza di primo e secondo livello dovrebbero essere dotati di posti letto di osservazione breve o di terapia sub-intensiva e di terapia d’urgenza. In questa maniera, si riuscirà anche a rientrare anche nei parametri ministeriali imposti dei tre posti letto acuti per mille abitanti”. Dal canto suo, il ministro della Salute ha evidenziato come il governo abbia previsto due miliardi di investimenti per migliorare le strutture e acquistare nuove strumentazioni, oltre a due miliardi di dotazione supplementare stanziati per il fondo sanitario nazionale. E che “per evitare l’affollamento dei pronto soccorso dobbiamo puntare sulla medicina del territorio. Abbiamo messo 235 milioni per l’acquisto di strumentazione diagnostica di primo livello per più di 50mila studi di medici di famiglia e pediatri, e abbiamo esteso la ‘farmacia dei servizi’ in tutta Italia. Anche con queste iniziative si favorisce il decongestionamento delle strutture e si ampliano le opportunità per i cittadini”. Queste iniziative saranno sufficienti a rispondere alle necessità dei cittadini? E le Regioni saranno in grado di attuarle in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale? Si vedrà.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.