Anche l’idea di sanzioni disciplinari che colpiscano i magistrati "è irricevibile da ogni punto di vista. È una valutazione demagogica che dà l’idea di una predeterminazione dei tempi, come se - dice il presidente della Anm, Luca Poniz - il mancato rispetto dipendesse solo dai magistrati, come una sorta di negligenza staccata da valutazioni fattuali"
Favorevoli allo stop alla prescrizioni i magistrati sono critici su altri punti della riforma Bonafede. Secondo l’Associazione nazionale magistrati è “brutale” l’idea di stabilire tempi rigidi per la durata dei processi: nel testo della riforma del processo penale “c’è una sorta di messa in mora” e “significa essere del tutto sganciati dalla realtà. I tempi del processo – scrive nella relazione al comitato direttivo il segretario Giuliano Caputo – non dipendono dal singolo magistrato ma dallo scrupolo con cui vengono accertati i fatti”.
La riforma del ministro della Giustizia prevede nuovi termini perentori per le indagini preliminari. Per indagare il pm avrà tra i sei e i diciotto mesi di tempo, a seconda dei tipi di reati, e potrà chiedere al giudice la proroga per una sola volta. Verranno aperti procedimenti disciplinari per i pm che non rispettano i tempi per “dolo o negligenza inescusabile”. E quelli che entro tre mesi dalla scadenza del termine massimo restano “inerti”, avranno l’obbligo di depositare gli atti di indagine compiuti. E chi non lo farà, sempre per dolo o negligenza inescusabile, compirà un illecito disciplinare. In pratica se entro tre mesi il pm non ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini (cioè l’atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio) o non ha chiesto l’archiviazione, scatta la tagliola: il pubblico ministero sarà obbligato a notificare “senza ritardo” all’indagato e alla persona offesa dal reato “l’avviso del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate “, informandoli della facoltà “di prenderne visione ed estrarne copia”. Insomma: se la pubblica accusa non rispetta i tempi dovrà giocare a carte scoperte con l’accusato. Un motivo in più per procedere più veloci. Ma l’idea di sanzioni disciplinari che colpiscano i magistrati “è irricevibile da ogni punto di vista. È una valutazione demagogica che dà l’idea di una predeterminazione dei tempi, come se – dice il presidente della Anm, Luca Poniz -il mancato rispetto dipendesse solo dai magistrati, come una sorta di negligenza staccata da valutazioni fattuali.
“L’Anm rifiuta la logica della contingenza e della contrapposizione politica – continua Poniz parlando al comitato direttivo centrale – Noi portiamo le nostre opinioni, e non per questa o quella maggioranza” e “siamo su questa posizione da sempre, a prescindere da questo o quel ‘lodo” spiega il presidente parlando della posizione dell’Associazione sulla riforma della prescrizione, che – ha ricordato – da novembre del 2018 ha formulato la sua proposta di stop alla prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado “Non è ricevibile nemmeno l’idea – ha spiegato Poniz – che visto che la prescrizione non ci sarà più, un imputato lo sarà per sempre. Come se un magistrato decida il destino di un imputato in base al calcolo della prescrizione”.
Nella bozza di riforma del processo penale “ci sono meccanismi che ci vedono favorevoli e che noi stessi avevamo offerto come possibili contributi. Ci sono alcune luci e alcune ombre, su cui formuleremo un parere più articolato. Nell’incontro del 29 gennaio con il ministro parleremo di tutto questo. E diremo che noi magistrati rifiutiamo l’idea che se contestiamo una parte della riforma e sia favorevoli a un’altra siamo tirati per la giacchetta, come chi sta dentro o fuori quella parte politica”.